Almeno sei persone sono annegate il 23 aprile quando una barca piena di migranti è naufragata poco dopo essere salpata per l’Italia da Qalamun, a sud di Tripoli, in Libano. Il bilancio delle vittime potrebbe aggravarsi perché diverse persone risultano disperse: secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati a bordo c’erano almeno 84 persone e ne sono state salvate 48. Le circostanze del disastro, uno dei peggiori in Libano da anni, non sono ancora chiare: alcuni sopravvissuti hanno accusato la marina libanese di aver intenzionalmente speronato la barca, mentre le autorità incolpano il capitano di aver urtato le navi militari per cercare di scappare. Il governo ha incaricato l’esercito di aprire un’inchiesta. Il naufragio ha scatenato la rabbia della popolazione: la sera del 24 aprile molte persone hanno protestato nelle strade di Tripoli e di altre città del paese. “Tutti conoscono i responsabili della tragedia”, scrive il quotidiano Al Akhbar, “una classe politica che ha tolto ogni speranza al popolo libanese, per il quale ormai è più facile morire in mare che vivere a casa sua”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1458 di Internazionale, a pagina 33. Compra questo numero | Abbonati