Cristian Mungiu torna a Cannes con un film a forte connotazione sociale. Siamo in un villaggio multietnico in Transilvania, luogo perfetto per scandagliare i più bassi istinti dell’essere umano. Il periodo natalizio è agitato da sentimenti poco cristiani, dalla fiamma xenofoba e dagli spettri dell’impoverimento. Seguiamo Matthias, che torna dopo un’infruttuosa migrazione in Germania, e la sua ex, Csilla, ambiziosa dirigente di una panetteria industriale alle prese con una carenza di manodopera. Il punto focale emotivo del film è affidato a un bambino che vive un’esperienza agghiacciante. Ma il bambino, come tutti i personaggi, è strumentalizzato da una sceneggiatura che ci tiene troppo a farci la morale.
Sandra Onana, Libération
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Questo articolo è uscito sul numero 1462 di Internazionale, a pagina 91. Compra questo numero | Abbonati