Il mondo fotografato di notte diventa molto strano quando dall’inquadratura si esclude la fonte luminosa che scolpisce e modella tutto. È quello che hanno rapidamente notato gli artisti Işik Kaya e Thomas Georg Blank quando hanno cominciato un singolare catalogo nel sud della California. Questo territorio, sinonimo di relax, natura lussureggiante, cinema e turismo, è anche un’area di ricerche all’avanguardia sulle scienze della vita, la genetica, le biotecnologie e i rapporti – attuali e futuri – tra gli esseri umani e la natura. Qui i due artisti, con percorsi diversi ma preoccupazioni comuni, avevano notato la moltiplicazione di strane strutture: immense costruzioni in plastica, resina e metallo a forma di palme, pini e altre piante familiari per camuffare le antenne e i ripetitori telefonici, ormai onnipresenti.
Con lo sviluppo della telefonia mobile, il bisogno di infrastrutture è esploso. Così, dagli anni ottanta antenne e ripetitori hanno cominciato a invadere il territorio e il paesaggio urbano. Nel 2020 nel sud della California Işik Kaya e Thomas Georg Blank ne hanno contati più di mille.
Tutto è cominciato nel 1992, quando Larson Camouflage, un’azienda che aveva lavorato per i parchi della Disney, ha prodotto e installato la prima antenna con le sembianze di un albero. In questo modo ha lanciato un’industria che si è poi diffusa in tutto il mondo. Queste mimetizzazioni più o meno riuscite – alcune sono veramente grossolane, altre molto accurate – mirano a integrare le antenne nel paesaggio e ad avvicinarle agli alberi del luogo, tra cui le palme, molto numerose in California. Come scrive l’esperta Amy Clarke: “Queste infrastrutture di comunicazione e sorveglianza mimetizzate, possono essere descritte come una ‘preferenza della società per un’estetica falsa rispetto a una realtà brutta’”.
Oggetti inclassificabili
Per descrivere questa realtà inedita e artificiale, i due autori hanno lavorato variando gli approcci e le inquadrature. Da vicino, i tronchi, le foglie e le palme finti potrebbero sembrare delle sculture, creazioni di arte contemporanea sensibili alle mutazioni genetiche e ai pericoli a cui è esposta la natura. Queste composizioni, di una pulizia assoluta, offrono verdi irreali o cangianti grazie all’illuminazione al sodio, e assumono un aspetto iperrealista combinando reti e foglie metalliche, aghi di pino di plastica e cortecce artificiali dalle tinte improbabili. Oggetti inclassificabili e contraddittori. L’effetto è ottenuto anche attraverso la scelta dell’inquadratura e il momento dello scatto, di solito a fine giornata o di notte. “La notte fornisce spesso una dimensione strana a una scena quotidiana. Al buio la macchina fotografica può superare i limiti della nostra visione attraverso tempi d’esposizione lunghi o facendo ricorso a parametri di sensibilità molto alti. Valorizzate attraverso la tecnica, le piccole tracce di luce danno vita a nuove immagini e modi di vedere. Ne emerge un mondo diverso che sembra spesso artificiale. Ma se si sceglie la buona inquadratura e la giusta illuminazione, questo mondo artificiale somiglia a un’immagine in 3d senza alcuna alterazione”.
Quando l’inquadratura si allarga e le antenne camuffate diventano evidenti, messe a confronto con le vere palme, capita di sorridere, prima che una sensazione di anormalità si sostituisca al piacere iniziale delle tinte e delle composizioni grafiche. “Cerchiamo di creare delle fotografie che abbiano al loro interno l’ambiguità del sistema in cui viviamo e che al tempo stesso siano capaci di criticarlo. I colori delle foto e il loro aspetto generale sono attraenti, ma al tempo stesso vogliamo che suscitino una diversità in grado di turbare”.
Di fronte a questa estetica – che riesce solo in parte a nascondere gli oggetti prodotti dalla moltiplicazione degli strumenti di comunicazione – ci interroghiamo su quello che significa veramente questo trionfo del falso, che non raggiunge il suo scopo originale. Senza dubbio si tratta di un ribaltamento nella percezione dei valori, di un senso di colpevolezza nei confronti di un’aggressione del paesaggio e di una risposta ridicola a uno sviluppo incontrollato e pianificato male.
Rappresentazione o simulazione
I due autori giocano con il paradosso di immagini levigate, seducenti e brillanti che bisogna guardare con attenzione per individuare gli aspetti falsi e approssimativi. Si divertono a metterci in trappola, consapevoli di giocare con i codici che sono alla base degli oggetti che fotografano.
“Il nostro obiettivo non è creare un catalogo fotografico di oggetti strani, anche se la maggior parte di queste antenne è indubbiamente ridicola, ma cercare di mostrare questo fenomeno come elemento di una rete più complessa di idee talvolta sconcertanti e di infrastrutture costruite nella California del sud. Qual è la differenza tra una rappresentazione della realtà e la sua simulazione? Creando una rappresentazione si accetta sempre la complessità della realtà e uno strumento per capirla meglio. Una simulazione invece pretende di essere il prodotto di una comprensione completa. Per questo motivo una rappresentazione può esistere in quanto simbolo con due dimensioni, anche se dotata di profondità. Al contrario una simulazione entra nella terza dimensione in quanto oggetto. È evidente che queste simulazioni sono di solito delle creazioni prive di senso”.
Al di là delle apparenze, questo lavoro, estremamente equilibrato, è il frutto di una riflessione e di una convinzione: “Dobbiamo chiederci se le nostre società non corrano dei rischi circondandosi di elementi che simulano la realtà ed evitando il confronto con la realtà stessa”. ◆ adr
◆ Second nature di Işık Kaya e Thomas Georg Blank è pubblicato da Kehrer Verlag, con testi di Amy Clarke e Ziad Mahayni. è formato da due parti, rilegate testa-coda, in modo che dopo aver visto la prima, va capovolto per vedere la seconda.
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Questo articolo è uscito sul numero 1464 di Internazionale, a pagina 72. Compra questo numero | Abbonati