Fin dalle prime pagine di Voci in fuga, un libro di quieta e tragica bellezza, è chiaro che ci troviamo nelle mani di un maestro della narrazione. Abdulrazak Gurnah, nato a Zanzibar, in Tanzania, ci conduce per mano nel mondo dell’Africa orientale occupata dai tedeschi, prima che la Germania perdesse i suoi territori dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale. Un tempo e un luogo dimenticati. Eppure, senza la minima traccia di esotismo – solo storie di vite vissute sullo sfondo di eventi più grandi – Gurnah ci fa interessare al destino dei suoi personaggi e per estensione allo spazio geografico e psicologico che occupano. Voci in fuga racconta la storia di quattro personaggi principali le cui vite s’intrecciano nell’amore e nella parentela, e che sono plasmate da grandi forze che sfuggono al loro controllo, principalmente la contesa coloniale per la terra che abitano. La storia, che si muove tra una città di provincia nell’attuale Tanzania, le aree di esercitazione e i campi di battaglia della Schutztruppe, l’esercito coloniale tedesco, è raccontata con sobria parsimonia. Il linguaggio di Gurnah ha una qualità languida e rilassante, anche se gli eventi descritti non lo sono. Solo nelle ultime, sconvolgenti pagine il ritmo accelera ed è svelato il vero significato della storia. Khalifa è figlio di una contadina africana e di un contabile gujarati. Il lettore immagina che il romanzo sia la sua storia, ma non è così. Lo stesso vale per Ilyas, sottratto alla famiglia dalla Schutztruppe, che torna al suo villaggio per trovare i genitori scomparsi e la sorella Afiya adottata da una coppia che la tratta come una schiava. Ilyas la porta in città prima di arruolarsi di nuovo volontario, senza mai davvero chiarire perché, per l’imminente scontro con gli inglesi. Ilyas scompare per gran parte del libro, per essere sostituito dal protagonista del romanzo, Hamza, che fugge per unirsi alla Schutztruppe dopo essere stato venduto dai genitori. Il fatto che Voci in fuga impieghi un po’ di tempo per trovare il suo centro di gravità è legato a un tema importante: ognuno ha una storia, anche se sembra periferica rispetto al quadro generale. I grandi eventi, pur plasmando la vita dei personaggi, non sono il cuore di una narrazione in cui le persone comuni sono al centro della scena.
David Pilling,
Financial Times
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Questo articolo è uscito sul numero 1466 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati