Anthony Hayes non è certo il primo regista a essersi reso conto che il deserto australiano offre un’ottima base di partenza per distopie di vario genere. Il suo thriller di sopravvivenza, duro e teso, enfatizza la vastità del nulla che riempie lo schermo. Zac Efron, sudicio e sfigurato, ci accompagna in “un futuro non poi così lontano” in cui il mondo è ormai ecologicamente compromesso. Allo stesso tempo Hayes è abbastanza furbo da non esplicitare che si tratta dell’Australia, salvando la sua giovane star dall’imbarazzo di impersonare un australiano, impresa che ha fatto soffrire fior di attori. Efron e Hayes interpretano due non meglio definiti uomini che vanno nel deserto dove Uno ha trovato un enorme pezzo d’oro. Uno insiste per restare a guardia del tesoro, anche se non conosce bene il deserto, mentre Due va in cerca di una scavatrice. Il caldo e le condizioni estreme spingeranno presto Uno al limite della sua resistenza. Gold è una produzione minimalista e la messa in scena è intelligente. Una delle cose migliori è proprio come ci fa capire che ci troviamo in un mondo distopico senza farcelo mai davvero vedere. Ma il suo pregio è anche il suo maggiore difetto, perché il vuoto è intrigante, ma anche maledettamente vuoto.
Luke Buckmaster, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1467 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati