“Sapevamo di non poter distruggere le nostre radici, ma al tempo stesso stavamo cercando d’inventare qualcosa di nuovo”, dice il musicista ghanese Wilson Boateng al telefono dalla sua casa di Londra. Herman Asafo- Agyei, uno dei bassisti più venerati del Ghana, esprime un concetto simile: “Prendevamo spunto da artisti diversi, ma alla base di tutto c’era sempre il ritmo africano”. Boateng e Asafo-Agyei rievocano un periodo di trasformazione della musica ghanese che, tra gli anni ottanta e novanta, fu caratterizzato da un allontanamento dall’highlife tradizionale (un genere nato nel novecento che mescolava gli stili africani con il jazz occidentale) verso un nuovo suono moderno che abbracciava le ultime tecnologie, incorporando melodie dall’ovest del continente tra sintetizzatori, disco music, boogie e funk. Il nuovo stile, noto come burger highlife, è stato il risultato anche di una particolare alchimia fatta di trasformazioni sociali, culturali e politiche. “Tutto si unisce in questa storia interessante”, dichiara Chris Webb, fondatore dell’etichetta londinese Kalita Records, che ha da poco pubblicato la compilation Borga Revolution. Ghanaian dance music in the digital age,
1983-1992 (Volume 1). È la prima di quattro raccolte che riuniscono 45 brani di burger highlife registrati da pilastri della musica ghanese come Pat Thomas e K. Gyasi e artisti meno conosciuti come gli Uncle Joe’s Afri-Beat.
Megan Iacobini de Fazio, Bandcamp daily
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Questo articolo è uscito sul numero 1467 di Internazionale, a pagina 102. Compra questo numero | Abbonati