Proprio come Gotham City, la città fittizia di Granite City fa schifo. Cupa, sporca e infestata dal crimine, non è esattamente il posto in cui crescere. Nessuna sorpresa quindi se Sam (Javon Walton) si attacca a ogni eroe possibile, in particolare al supereroe cittadino, Samaritan, morto da tempo. È proprio Sam, all’inizio del film, a raccontarci l’antefatto. Nella terribile Granite City due fratelli dotati di superpoteri sono colpiti da una tragedia familiare. Samaritan decide di combattere il male, mentre il gemello Nemesis diventa il più cattivo di tutti. Si crede che venticinque anni prima i due fratelli si siano uccisi l’un l’altro, ma Sam preferisce pensare che Samaritan sia ancora vivo da qualche parte. Quando Joe Smith, un vicino di casa burbero e solitario, gli salva la vita, Sam si convince che Joe sia Samaritan. Il film ondeggia continuamente tra il buddy movie e qualcosa di più cupo e crudo. Ma per quanto Stallone, qua e là, riesca a darci qualche soddisfazione, si ha sempre la sensazione che Samaritan stia per impartirci una lezione fondamentale o che un qualche colpo di scena stia per colpirci alle spalle. E purtroppo, quando la lezione fondamentale puntualmente arriva, accompagnata dall’inevitabile colpo di scena, tutto si rivela ovvio e confuso: in ogni persona convivono bene e male, dipende solo da noi fare le scelte giuste e gli eroi non sono mai come ce li aspettiamo. Siamo tutti contenti di poter vedere Sylvester Stallone agitare di nuovo i suoi pugni, ma in un mondo cinematografico così affollato di supereroi, per farne nascere uno nuovo e speciale ci vuole qualcosa di più di qualche cazzotto ben indirizzato.
Kate Erbland, IndieWire

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Questo articolo è uscito sul numero 1476 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati