L’ambientazione di Leggenda potrebbe essere la protagonista del romanzo: è l’arida pianura della Crau, che si estende per una trentina di chilometri in Provenza, ricoperta di “pietre grandi come un pugno, sotto le quali cresce l’erba riccia, in quantità sufficiente a nutrire numerose greggi” di pecore. Nel libro di Sylvain Prudhomme la attraversiamo in compagnia di una manciata di personaggi, con i cinque sensi all’erta come in un western. Ma non si tratta di attenersi ai cliché sulle gioie rustiche della vita all’aria aperta, sul lavoro indefesso del pastore, sulla terra che non mente. Leggenda è molto più sottile. Grazie alla strana indagine condotta da due amici sul mitico locale notturno della zona, il Chou, avviato a metà degli anni sessanta da un allevatore, la “leggenda” è uno spazio incrinato dal tempo. Uno degli amici, un inglese, vuole realizzare un documentario sull’argomento per “raccontare la storia di un’epoca”. Il suo compagno, un fotografo, è un ragazzo del posto. L’indagine si concentra presto sui suoi due cugini, che i genitori avevano portato in Madagascar a caccia di farfalle e che una tragica morte ha finito per fare incontrare. L’uno, un dandy sgargiante, e l’altro, un teppista che amava lottare, diventano personaggi di un paradiso fatto, come tutti i paradisi, per crollare. Un romanzo tutto finezza e malinconia. Grégoire Leménager, L’Obs
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Questo articolo è uscito sul numero 1482 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati