La notizia che il Kenya ha deciso di introdurre organismi geneticamente modificati (ogm) nel suo sistema alimentare ha scatenato vecchie paure e riacceso un dibattito: gli ogm possono garantire la sicurezza alimentare mondiale? Il principale punto a loro favore è che, in un contesto di rapida crescita demografica, possono contribuire a evitare una crisi alimentare e i conseguenti disordini sociali. Con colture più resistenti ai parassiti e agli stress climatici, si potrebbe aumentare la resa dei raccolti o portare la produzione in zone dove l’agricoltura non è ritenuta sostenibile.
È interessante notare che finora l’opposizione agli ogm è stata quasi universale, per ragioni diverse. Nei paesi ricchi, dove sono nate queste tecnologie, l’opposizione riguarda soprattutto la loro sicurezza, le conseguenze per la salute umana e ambientale. In perenne carenza di cibo, l’Africa è stata vista come un terreno di sperimentazione per un nuovo settore dominato da grandi aziende occidentali. I governi africani temono che le colture geneticamente modificate, nonostante i benefici, possano essere distruttive, accrescere la povertà alimentare e rendere gli agricoltori africani ostaggio delle multinazionali biotech occidentali.
In attesa di una rivoluzione
Anche gli scienziati africani hanno sviluppato delle competenze nelle biotecnologie, ideando nuove varietà di colture. Si pensa inoltre che le rese agricole in Africa possano quadruplicare grazie a tecniche migliori e pratiche più efficienti. È possibile, ma i timori africani non sono infondati. Se l’agricoltura commerciale e la nascita di aziende che producono sementi in occidente hanno creato un ecosistema che genera un surplus alimentare, la semplice introduzione di semi geneticamente modificati non porterà automaticamente gli stessi benefici ai paesi in via di sviluppo. I progressi tecnologici dell’occidente sono stati una conseguenza di cambiamenti sociali e strutturali nei sistemi di produzione, che ancora non si vedono in Africa.
Il continente deve ancora raccogliere i frutti della rivoluzione agricola. La produzione si basa in gran parte sul lavoro di piccoli coltivatori e non ci sono mercati alimentari strutturati. In questo contesto gli svantaggi degli ogm potrebbero superare i vantaggi, senza considerare il fatto che si finirebbe per aumentare il dominio dell’occidente.
Allo stesso tempo, sarebbe illusorio pensare di poter fermare per sempre l’arrivo degli ogm, che potrebbero essere introdotti in Africa con altri mezzi. Chiudere la porta a queste tecnologie significherebbe anche impedire agli scienziati africani di studiarle e sfruttarle. Il continente sarà esposto e vulnerabile.
Il dibattito dovrebbe quindi concentrarsi su come rendere più equa la tecnologia alla base degli ogm. Era quello che intendeva Jørgen Schlundt, ex direttore del dipartimento per la sicurezza alimentare dell’Organizzazione mondiale della sanità, quando nel 2005 disse: “La questione degli ogm può essere esaminata da vari punti di vista, tra cui quello sociale ed etico, oltre a quello sanitario e ambientale. Se aiuteremo gli stati a portare avanti questo dibattito a livello nazionale, potremo evitare di creare un ‘divario genetico’ tra i paesi che li autorizzano e quelli che non lo fanno”. ◆ gim
◆ Il 3 ottobre 2022 il neoeletto presidente keniano William Ruto ha cancellato per decreto un divieto, in vigore da dieci anni, d’importare e coltivare organismi geneticamente modificati (ogm). La principale preoccupazione di Ruto è affrontare la scarsità di cibo legata alla grave siccità di questi mesi. Il Kenya si unisce così a un piccolo gruppo di paesi africani (Egitto, Sudafrica, Malawi, Sudan e Burkina Faso) che autorizzano gli ogm. La decisione di togliere il divieto ha scatenato reazioni accese e contrastanti nell’opinione pubblica keniana. Alcuni fanno notare che l’introduzione degli ogm nell’agricoltura è un processo irreversibile, e non c’è un modo per rinunciarci dopo aver cominciato a usarli. Per questo una decina di organizzazioni della società civile ha chiesto a Ruto di tornare sui suoi passi. The Nation, Voa
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Questo articolo è uscito sul numero 1483 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati