Fare un film straordinario sulla maternità, partendo da un infanticidio. Realizzare un film asciutto, integro e intelligente a partire da una notizia di cronaca. Ecco i piccoli miracoli del film di Alice Diop, già autrice del bellissimo Nous, premiato a Berlino nel 2020. Ossessionata dalla vicenda di Fabienne Kabou, che nel 2013 abbandonò a morte certa la figlia di quindici mesi su una spiaggia del Pas-de-Calais, la regista ha costruito un film in cui l’economia degli effetti è pari solo alla ricchezza del racconto. Per due ore Rama (Kayije Kagame), alter ego dell’autrice, che è la nostra guida nella storia, non esce quasi mai dall’aula del tribunale dove è processata la giovane studente di filosofia Laurence (Guslagie Malanga), ma lì con loro c’è tutta la materia complessa che forma un’intera esistenza, con il suo carico di follia, solitudine, mancanza d’amore e di promesse non mantenute, non estraneo alla storia coloniale della Francia e al razzismo.
Elisabeth Franck-Dumas, Libération
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Questo articolo è uscito sul numero 1490 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati