Il film di Noah Baumbach che ha aperto la mostra del cinema di Venezia lascia un po’ perplessi. Troppo bizzarro per essere apprezzato da chi si aspettava un filmone pieno di star, non abbastanza autoriale per essere una bella scoperta, ma anche troppo divertente per essere considerato una delusione. Non ci si può stupire, visto che è tratto dal romanzo di Don DeLillo su una cittadina universitaria minacciata da una nube tossica che molti prima di Baumbach avevano cercato di adattare per lo schermo, senza successo. Baumbach è riuscito nell’impresa, rimanendo fedele al romanzo, forse perché il nostro mondo si è avvicinato a quello immaginato dallo scrittore. Non potendo replicare la prosa di DeLillo, Baumbach ha fatto qualcos’altro, che almeno a tratti funziona: ha trasformato Rumore bianco in un pastiche spielberghiano anni ottanta, dando una sua nostalgica interpretazione della classica storia di una piccola città colpita da un grande disastro. Bilge Ebiri, Vulture
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Questo articolo è uscito sul numero 1493 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati