Dai primi accordi del secondo album degli Smut, vi arriverà nelle orecchie un suono nostalgico. La band di Chicago combina la voce catartica di Tay Roebuck con le influenze del rock anni novanta, senza comunque ostentare lunghi passaggi strumentali. I rimandi al passato sono rassicuranti e sfruttano la memoria per infondere nuova energia. Supersolar starebbe benissimo in una scena della serie tv Sabrina, vita da strega. La canzone che dà il titolo al disco viaggia tranquilla tra le sonorità cosmiche date dai sintetizzatori, mentre la chitarra acustica procede gentile su una melodia alla Boards of Canada. Questa tenerezza evita che tutto How the light felt sembri un semplice tributo agli anni novanta. Sul finire Morningstar cambia un po’ il ritmo a favore di un andamento più dance, anche se evita stacchi netti da un genere all’altro, un po’ come quando il giorno si trasforma nella notte. Grazie a tutti questi elementi e alla produzione riuscita, alla fine di questo disco vi sentirete un po’ meno soli di quando avete cominciato ad ascoltarlo.
Sophie McDonald, Loud and Quiet
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Questo articolo è uscito sul numero 1494 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati