Il 2 febbraio Washington e Manila hanno annunciato un accordo che, per la prima volta in trent’anni, estende la presenza militare statunitense nelle Filippine: prevede il potenziamento delle basi esistenti e l’accesso a quattro nuovi siti, e ribalta le politiche dell’ex presidente Rodrigo Duterte. “Il risultato è che dall’estremo nord della provincia di Cagayan all’estremo sud dell’isola di Palawan ora ci sono nove obiettivi nel mirino dell’esercito cinese, sia nel caso in cui la rivalità tra le due superpotenze si trasformi in una guerra, sia in quello di un conflitto limitato”, scrive preoccupato il Manila Times. Qualche giorno dopo lo stesso quotidiano è tornato sul tema con un commento: “Il presidente Ferdinand Marcos jr. ha acconsentito al fatto che navi, sottomarini, aerei e missili statunitensi usino le basi delle forze armate filippine anche se la Casa Bianca non ha mai rivelato quale di questi sistemi è equipaggiato con armi nucleari”, espressamente vietate dalla costituzione filippina. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1498 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati