È un cliché del giornalismo etichettare la musica come “senza confini”. Nel caso del polistrumentista giapponese Teppei Kondo, però, è difficile descrivere le mutevoli influenze alla base della sua produzione insieme alla sua band, gli of Tropique. “Non sono cresciuto con la cultura tradizionale giapponese. Ho ascoltato principalmente musica occidentale. Quella tradizionale del mio paese è piuttosto esotica per le mie orecchie”, racconta. Kondo è cresciuto nella New town, un complesso di case popolari costruito negli anni ottanta a Tokyo per accogliere la popolazione in aumento. Dice di essersi sentito isolato dal punto di vista culturale e di aver ascoltato soprattutto Prince, Ry Cooder, James Brown e Captain Beefheart. Da sassofonista diventato clarinettista, ha anche trovato connessioni con altri generi che usano molto quello strumento, vale a dire il klezmer e la cumbia. Questo viaggio globale si replica nel nuovo disco degli of Tropique, Buster goes west.“Buster è un ragazzo asiatico che va in una città occidentale senza saperne molto”, dice Kondo. È una metafora del vagabondo. “Il Giappone ha perso la sua identità dopo la seconda guerra mondiale e ha cercato di somigliare ai paesi occidentali. Secondo me negli ultimi cinquant’anni la cultura giapponese è diventata un falso di quella occidentale. La finzione è l’essenza del Giappone contemporaneo. Penso che la mia musica rifletta questa cosa”.
Paul Veracka, Bandcamp
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Questo articolo è uscito sul numero 1500 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati