Il 2 aprile un gruppo di grandi produttori di petrolio guidato dall’Arabia Saudita (comprendente Iraq, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Algeria, Oman e Kazakistan) ha annunciato che da maggio taglierà la produzione di greggio di più di un milione di barili al giorno. La Russia non è coinvolta nella decisione, ma alcune settimane fa aveva annunciato che produrrà cinquecentomila barili al giorno in meno. Il taglio, che durerà almeno fino alla fine del 2023, si aggiunge a quello deciso nell’ottobre 2022 dall’Opec e dalla Russia. “Questa mossa a sorpresa scontenta gli Stati Uniti e ha provocato un rialzo dei prezzi preoccupante per l’andamento dell’economia globale”, scrive il Wall Street Journal. Il 3 aprile, infatti, le quotazioni del greggio sono subito salite: il Brent, un indice di riferimento per i mercati mondiali, è aumentato di più del 5 per cento. “Se i rincari continueranno”, conclude il quotidiano finanziario statunitense, “potrebbe complicarsi l’azione di contrasto all’inflazione”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1506 di Internazionale, a pagina 109. Compra questo numero | Abbonati