Come dividere una pesca di Noor Naga si apre con un incontro-scontro. All’indomani della primavera araba due sconosciuti, che rimangono senza nome per la maggior parte del libro, siedono l’uno accanto all’altra in un caffè del Cairo, in Egitto. Lei è un’egiziana statunitense, di famiglia benestante. È la sua prima volta in città, ma lo considera un ritorno. Lui è originario del villaggio di Shobrakheit e si è trasferito nella capitale anni prima, dopo che la sua amata nonna ha usato un forno per uccidersi. Era presente durante la rivoluzione, lavorava come fotografo e documentava ciò che sperava fosse la nascita di un nuovo ordine, ma ora è amareggiato, dipendente dalla cocaina e vive in una baracca. Tra i due nasce una relazione e, anche se c’è del tenero, si sfruttano a vicenda per scopi esistenziali e sociali: entrambi cercano di ristabilirsi dopo fallimenti e umiliazioni. Lui abbandona la baracca e si trasferisce nel bellissimo appartamento di lei. Nel frattempo, la fa sentire meno straniera, mostrandole dove comprare verdure fresche e carne senza vermi. Prendersi cura di lui placa la vergogna di lei per essersi persa la rivoluzione. Attraverso questi personaggi e il loro rapporto, Naga analizza le forme mutevoli e scivolose dell’appartenenza e del potere nell’ambito del capitalismo globale. Cosa succede quando le nozioni di identità statunitensi ed egiziane si scontrano all’interno di una persona, di una relazione, di una città? Chi appartiene a un luogo: gli abitanti del posto o le persone che l’economia vuole attrarre? La forma inventiva del romanzo amplifica queste idee. Nella prima delle tre parti, ogni capitolo si apre con una domanda filosofica. Nella seconda, appaiono delle note a piè di pagina che forniscono un contesto sul Cairo e sulla cultura egiziana, ma sollevano anche un tema: Naga sta scrivendo per lo sguardo dei bianchi? La terza parte cambia ancora forma, ribaltando qualsiasi certezza del lettore. La relazione tra i due amanti si deteriora per le stesse ragioni per cui erano attratti. Lui vuole la sua ricchezza ma non sopporta che lei ce l’abbia. Lei vuole la sua autenticità, odia che lui se ne appropri. Naga non permette al lettore di adagiarsi su facili nozioni di giusto e sbagliato o di colpa e innocenza.
Nadia Owusu, The New York Times
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Questo articolo è uscito sul numero 1508 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati