Se c’è una cosa che caratterizza il fumo è che può filtrare attraverso le più piccole fessure e occupare tutto lo spazio che lo racchiude. Il fumo che dà il titolo al nuovo romanzo di José Ovejero è anche un’azzeccata metafora di ciò che accade quando lo leggiamo: questa storia potente e intensa entra nel lettore e si espande fino a invadere tutto. La protagonista è una donna di cui sappiamo poco: vive in una capanna abbandonata in mezzo a una foresta, con un bambino che non parla e di cui non è parente. Non sappiamo da dove vengano né perché si trovino lì, né come sia il mondo fuori dalla foresta, se non per le visite di un uomo che di tanto in tanto porta loro delle provviste. Questo misterioso visitatore è l’unico indizio che il mondo non è finito, che la vita continua, anche se percepiamo che è successo qualcosa di grave, perché il cibo non è facile da trovare. L’autore ha spogliato la storia di tutti i dettagli non essenziali. Così, senza contesto o riferimenti, il lettore si trova di fronte a personaggi che non hanno altro orizzonte se non quello di sopravvivere. Scritto con una prosa nitida, Fumo è una lettura da cui è difficile staccarsi. E, come il fumo, ti rimane addosso a lungo.
Eva Cosculluela, Heraldo
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Questo articolo è uscito sul numero 1508 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati