Le criptovalute non fanno bene all’ambiente. Il New York Times ha preso in esame 34 centri per l’estrazione di bitcoin negli Stati Uniti. Si tratta di attività basate sull’impiego di potenti computer, che mettono sotto pressione la rete elettrica nazionale infliggendo costi alla collettività e inquinando. Il 14 febbraio 2021, quando un blackout ha lasciato al buio e al gelo decine di migliaia di persone in Texas, in un’ex fabbrica di alluminio vicino ad Austin numerosi computer continuavano a estrarre bitcoin consumando l’elettricità sufficiente per 6.500 abitazioni. Alla fine le autorità hanno imposto alla Bitdeer, il gestore dell’impianto, di spegnere i computer. In cambio però l’azienda ha ricevuto un indennizzo di 175mila dollari all’ora e nel giro di quattro giorni ha incassato diciotto milioni di dollari, pagati dai contribuenti texani. In alcune zone la presenza delle fabbriche di bitcoin ha provocato un aumento dei prezzi dell’energia elettrica. In Texas le bollette sono cresciute del 5 per cento. Il consumo eccessivo di elettricità ha anche causato emissioni di anidride carbonica aggiuntive, come se sulle strade degli Stati Uniti avessero cominciato a circolare all’improvviso 3,5 milioni di nuove auto.
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Questo articolo è uscito sul numero 1508 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati