Vivi veloce è un romanzo costruito secondo la modalità dell’ucronia. Per raccontare la morte dell’uomo che amava, avvenuta il 22 giugno 1999 in un incidente in moto, e lo shock e l’incomprensione che hanno seguito questa perdita, la scrittrice ha voluto riproporre la tragedia in brevi capitoli ipotetici che guardano a se stessa e alla coppia che formava con Claude. Se non avessi voluto vendere l’appartamento? Se mio nonno non si fosse suicidato? Se non avessi visitato quella casa? Se non avessimo chiesto le chiavi in anticipo? L’esercizio trasforma la realtà in finzione, in un materiale che Giraud impasta e modella nel tentativo di dare un senso a ciò che, vent’anni dopo, sta ancora lottando per afferrare mentre si prepara a vendere la casa che ha causato il dramma. Ma la morte improvvisa ha un significato? Questo è il senso del libro, che cerca di tirare tutti i possibili fili della storia. Forse non è il romanzo migliore di Brigitte Giraud, ma il suo immenso talento riesce a trasformare una storia intima in una storia universale.
Alexandra Schwartzbrod, Libération
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Questo articolo è uscito sul numero 1509 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati