La migliore e più azzardata idea dell’universo cinematografico Marvel (Mcu) è stata quella di presentare serie all’interno di serie, intrecciando le loro logiche e i loro personaggi. Eppure sullo schermo questo concetto non sempre ha funzionato bene. Nel frattempo, la spinta narrativa Marvel sembra aver perso intensità, soprattutto dopo l’ultimo, limaccioso film di Ant-Man. Nessuno di questi problemi affligge Guardiani della galassia, la serie di James Gunn su un improbabile gruppo di guerrieri cosmici che sono riusciti a mantenere intatto il loro fascino fino a questo terzo e ultimo film: uno sfacciato, ma affettuoso addio alle disadattate stelle di una gratificante opera spaziale. Ritroviamo tutti i protagonisti alle prese con l’Alto Evoluzionario, un genetista che compie crudeli esperimenti sugli animali con l’intenzione di creare specie perfette. Ci si rende conto che probabilmente è l’ultima serie Marvel in cui ci s’interessa davvero alla sorte dei suoi eroi, cosa che conferisce a Guardiani della galassia 3 un peso narrativo molto più potente della minaccia di qualsiasi portentoso supercriminale. Un investimento emotivo che è mancato in tanti film di supereroi, non solo Marvel: il senso del perché la storia dovrebbe continuare, al di là delle logiche commerciali. Questo film è un felice addio a molti dei migliori eroi dell’Mcu, quelli che in qualche modo sono riusciti ad arrivare in fondo a una serie senza essere rovinati dal più vasto universo di supereroi in cui abitano. E per la Marvel è sia una vittoria sia un problema.
David Simms, The Atlantic

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1510 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati