Il regista turco sforna un altro dei suoi drammi cecoviani. Ha scelto di nuovo i paesaggi dell’Anatolia occidentale e ancora una volta pone l’enfasi sulla fotografia e sul ritratto. Anche se aggiunge un tocco atipico, un momento meta e brechtiano, quando ci ricorda che stiamo vedendo un film. A prima vista sembra l’ennesimo dramma scolastico in cui un insegnante è accusato di aver abusato di una studente di quattordici anni (Ece Bağcı). Ma poi la vita continua. Il film, apparentemente minaccioso e opaco, si dimostra in realtà avvincente grazie alla sua qualità letteraria, e conferma Nuri Bilge Ceylan nella serie A di Cannes.
Peter Bradshaw, The GuardianAbout dry glasses
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1513 di Internazionale, a pagina 79. Compra questo numero | Abbonati