L’eccezionale raccolta d’esordio di Louise Kennedy, La fine del mondo è un cul-de-sac, contiene quindici racconti, ognuno dei quali è una gemma scrupolosamente lavorata. Kennedy è una narratrice dalle doti sbalorditive. È tecnicamente brillante, ed evoca anche una visione del mondo tutta sua. Si pensa di sapere cosa si sta leggendo, ma in un attimo non è più così. Il lettore entra nell’ascensore, ma Louise Kennedy ha preso i comandi e all’improvviso ci ritroviamo a scendere in un pozzo di cui non ci eravamo nemmeno accorti. Così, la storia di un asino che si libera in una tenuta fantasma diventa qualcosa di molto diverso, un racconto che pensiamo possa essere una storia d’amore prima che si trasformi ancora. La vicenda di un’adolescente dell’Irlanda del Nord che si trucca per andare in un bar scatena una narrazione di altre dissimulazioni e travestimenti, dando vita a un mosaico di sorprendente violenza e memoria. Il paese in cui vivono questi personaggi sembra avere stanze nascoste dentro le stanze. L’Irlanda delle fate e del folklore convive con una terra strana, in qualche modo sovrapposta, fatta di chiamate via Facetime, di saloni di bellezza, di coltivazione di cannabis, di fast food e di video di corse di cavalli nei bar e nelle sale giochi. C’è una tensione tra passato e presente, eppure sono parte l’uno dell’altro, una coppia disfunzionale incapace di separarsi. Kennedy è un grande talento.
Joseph O’Connor, The Irish Times
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Questo articolo è uscito sul numero 1513 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati