Quando Mila, che ha una figlia piccola, riceve in Messico la notizia della morte di Citlali, annegata al largo delle coste del Senegal, la tristezza per la scomparsa dell’amica si mescola al ricordo dettagliato di quando formavano un triangolo inseparabile (che a volte tendeva a non essere equilatero) insieme a Dalia, negli anni precedenti all’università. In Punto croce, il romanzo della scrittrice messicana Jazmina Barrera, la geometria non è solo emotiva: la storia alterna una rivisitazione degli anni dell’adolescenza a frammenti dedicati alla tradizione del ricamo, un hobby condiviso dalle amiche, e a periodici ritorni nel presente da cui la storia è narrata, quando Mila sta preparando la cerimonia di addio per Citlali. Siamo immersi nei ricordi di Mila e seguiamo con lei la rete di eventi ed emozioni che hanno segnato l’adolescenza. I rapporti con le famiglie, le letture preferite, le rivalità nascoste tra le amiche e il sostegno reciproco che si offrono, i rapporti con i compagni di classe, tutto è raccontato in modo agile e intrecciato. Come altri libri basati sulla premessa di un amico morto, Punto croce insiste sull’enigma che siamo anche per coloro che ci sono molto vicini. Osservare gli altri, scrivere di loro, anche se non solleva mai il velo, lo scuote abbastanza da farci accorgere che c’è qualcosa sotto. Insomma, un lavoro senza fine che implica pazienza e ripetizione: la presenza del ricamo nel libro non è solo un espediente letterario.
Bárbara Mingo Costales, Letras Libres
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Questo articolo è uscito sul numero 1516 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati