Il peschereccio naufragato al largo delle coste greche nella notte tra il 13 e il 14 giugno trasportava persone provenienti soprattutto da Siria, Egitto, Pakistan e Territori occupati palestinesi. The Syrian Observer riferisce che secondo l’agenzia France-Presse, che ha intervistato parenti e attivisti locali, i siriani erano 140, la maggior parte dei quali risultano dispersi. Centosei erano originari del sud del paese, in particolare della provincia di Daraa: di questi, 72 sono dispersi e 34 sopravvissuti. Un attivista del Centro di documentazione dei martiri di Daraa ha spiegato all’agenzia francese che molte persone lasciano la regione, culla della rivoluzione contro il regime del 2011, perché nel 2018, quando la zona è tornata sotto il controllo delle forze governative, la situazione è diventata “insostenibile” dal punto di vista economico e della sicurezza. Altri provenivano da Kobane, la città nel nordest della Siria amministrata dai curdi. Kobane era un simbolo della vittoria contro il gruppo Stato islamico (Is) nel 2015, ma oggi è bersaglio delle offensive turche, che hanno l’obiettivo di allontanare i curdi dal confine.

Il sito di opposizione egiziano Mada Masr ha parlato con i familiari delle persone partite dall’Egitto: “Anche se vengono da diversi centri del paese, hanno raccontato storie simili, che indicano uno schema ricorrente in base al quale una volta in Libia i migranti diventano ostaggi”. Molti dei dispersi sono egiziani, come le nove persone accusate di traffico illegale di esseri umani, ma le autorità del Cairo ci hanno messo due giorni a rispondere alla tragedia, denuncia il sito, inaccessibile in Egitto: “Al di là della risposta ufficiale, il punto resta lo stesso. L’ossessione dell’Unione europea per il controllo delle frontiere ha garantito alle autorità di posti come l’Egitto e la Libia una leva per chiedere grandi somme di denaro in cambio del monitoraggio delle partenze dalle loro coste, mentre l’Unione chiude un occhio sulle violazioni dei diritti umani”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1517 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati