Yehoshua, morto nel 2022, in questa novella ha affrontato questioni importanti per gli israeliani: l’identità ebraica, i rapporti tesi con i goyim (i non ebrei), il conflitto tra le generazioni, e quello tra religione e politica. Tutto comincia quando Esther si avvicina al suo bat mitzvah, mentre la salute del padre peggiora. L’uomo muore e al suo posto ad accompagnare Esther alla cerimonia in una sinagoga francese, è un rabbino di origine israeliana, Modiano, che le ha insegnato l’ebraico e la Torah. Sotto lo scialle la accarezza e in seguito continua a insegnarle l’ebraismo, ponendo l’accento sui suoi lati erotici, finché lei compie diciassette anni. A quel punto, la moglie del rabbino lo costringe a interrompere le lezioni private con la ragazza. Tre anni dopo, però, quando Esther s’innamora di un altro uomo, Modiano è geloso e trova il modo di rovinare la loro relazione attraverso le norme religiose. Tutto questo è raccontato nel 2018, circa vent’anni dopo i fatti, in Israele. Esther, che adesso ha 38 anni, va da un rabbino di Tel Aviv, Nissim Shoshani, per raccontargli la storia di com’è stata offesa. Shoshani è più vecchio della donna e la tensione sessuale tra i due si sviluppa delicatamente. Il centro del racconto è l’eros, la libido, la passione, non solo sessuale. Anche quella per la vendetta, la giustizia, la pace, la redenzione. Come spesso accade nelle opere di Yehoshua e di altri scrittori di lingua ebraica della sua generazione, passioni e ferite personali si traducono in passioni e ferite nazionali.
Avi Garfinkel, Haaretz

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Questo articolo è uscito sul numero 1517 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati