Il 25 giugno almeno tredici persone sono morte nei bombardamenti russi sulla regione di Idlib, l’ultima roccaforte dei ribelli nel nordovest della Siria. È l’attacco più grave dell’ultimo anno, scrive il giornale indipendente siriano Hibr. Il ministero della difesa siriano ha confermato che era una rappresaglia per alcuni attacchi che giorni prima avevano ucciso dei civili nelle province di Hama e Latakia, controllate dal governo. Nonostante l’accordo raggiunto nel marzo 2020 tra la Russia e la Turchia per mettere fine all’escalation militare nella regione e fermare l’avanzata del regime per riconquistare Idlib, i bombardamenti sull’area non si sono mai fermati. Secondo il gruppo di volontari dei Caschi bianchi, sono stati 240 dall’inizio dell’anno e hanno ucciso diciotto persone. Ma la violenza di questi giorni fa temere una grande offensiva delle forze di Assad, riferisce L’Orient-Le Jour. Il momento è delicato. Il 20 e il 21 giugno rappresentanti russi, siriani, turchi, iraniani e dell’Onu si sono incontrati in Kazakistan per il ventesimo vertice del processo di Astana, un’iniziativa lanciata nel 2017 con lo scopo di trovare una soluzione pacifica alla crisi siriana. In realtà, nota il quotidiano libanese, il processo serve piuttosto ai principali attori presenti in Siria per spartirsi il controllo del territor io.
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Questo articolo è uscito sul numero 1518 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati