Il protagonista – uno scrittore – attraversa Berlino in auto e visita un ristorante a Kreuzberg dove si riunisce la comunità polacca. Per caso, trova un biglietto da visita in una pila sul bancone: “Dorota Kamszer. Architetta. Chiamala!”, dice il biglietto. Questo è esattamente ciò che fa lo scrittore, che da quel momento in poi va a trovare Dorota nel suo appartamento di Schöneberg e la ascolta parlare. Della sua vita a Berlino e della storia della sua famiglia, che si estende fino a Opole, in Polonia, il luogo in cui è nato il protagonista. “Qualcosa nelle storie dell’architetta”, dice, dopo averla ascoltata per diverse settimane, “cominciò a penetrare in me”. Queste storie conducono direttamente ai grandi sconvolgimenti del novecento. L’ospite triste è un libro sulla grande catastrofe del secolo scorso. È un libro sulla memoria, che può essere così profonda da rendere il senso di colpa insopportabile per l’individuo. Ed è proprio del singolo essere umano che Matthias Nawrat si occupa. Non le ideologie, non i sistemi politici e le tesi storiche sono il punto di fuga della sua scrittura, ma ogni vita e il desiderio, come dice l’architetta, di “comunicare con tutte le persone oggi”.
Nico Bleutge, Tagesspiegel
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Questo articolo è uscito sul numero 1518 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati