Jay Gladstone, protagonista di I risvolti della fortuna, non è certo un arrivista, anche se il suo nome ci ricorda il James Gatz di Francis Scott Fitzgerald, che poi diventerà Jay Gatsby. Gladstone, come apprendiamo, è nato in una delle grandi famiglie di immobiliaristi ebrei di New York, ha ampliato l’impero commerciale che lui e i suoi fratelli hanno ereditato e ha esteso la sua generosità ai bisognosi. All’apice del suo potere, quando il libro comincia, Gladstone è ricco, riflessivo e socialmente consapevole. E possiede una squadra di basket professionistica. Il romanzo del drammaturgo e sceneggiatore Seth Greenland è ambizioso e abilmente intrecciato. I temi trattati sono quelli dell’etnia, del denaro e della celebrità. Tuttavia, il libro deve tanto agli antichi greci quanto agli autori statunitensi. Essenzialmente, questa è una tragedia classica. Il terrore e la pietà abbondano, ma ora i titanici protagonisti sono ebrei, neri, donne e altri che gli scrittori dell’antichità avrebbero relegato nella massa anonima. E tutti loro sono in balia del fato come i personaggi che li hanno preceduti, rovinati dall’ambizione, dall’imprudenza e dalla punizione cosmica. Gladstone ha anche un segreto colpevole – non ce l’hanno tutti? – che mina l’edificio virtuoso che si è costruito con tanta cura, ed è questo segreto, forse, che attira i rovesci del destino. I risvolti della fortuna è perfidamente satirico. Nonostante la natura inesorabile del fato di Gladstone, questo libro è pieno di sorprese che sembrano inevitabili non appena succedono. Soprattutto, è la storia di un uomo virtuoso che commette un terribile errore – o due – in un’epoca spietata.
Daniel Akst, The Wall Street Journal
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Questo articolo è uscito sul numero 1527 di Internazionale, a pagina 83. Compra questo numero | Abbonati