Recentissima uscita, Anna è l’esordio di una promettente autrice tedesca, Mia Oberländer, che ha solo 28 anni ma dimostra grande maturità. Soprattutto perché riesce a essere profonda con semplicità e immediatezza, pur non mancando di raffinatezza. Fin da subito è evidente che Anna non ha davvero nulla di scolastico e, anzi, Mia Oberländer sembra già avere molto da insegnare. L’autrice riesce a realizzare un’autobiografia familiare trasfigurata su una modalità surreale, un po’ una fiaba-parabola dalle deliziose mutazioni e allegorie grafiche. Anna si fa una e trina: tre donne di tre generazioni diverse, nonna, figlia e nipote. Ha gambe lunghe come i caratteri appuntiti del libro, come i picchi delle alpi tedesche così irraggiungibili ma allo stesso tempo qui così a portata di mano grazie all’ostinazione della volontà. La delicata ironia, però, cela il pudore di esibire il tanto dolore che coabita con le altrettante cose belle della vita. Se è certamente “una riflessione sul corpo, sulla percezione di sé” e su paure e traumi “trasmessi di generazione in generazione”, Anna è anche l’apoteosi del diritto a rivendicare di essere fuori da ogni norma, da ogni format, anche di genere. Per annullare le distanze, attraversare le punte aguzze con l’agilità di un fachiro e librarsi nell’aria con la stessa leggerezza di un segno grafico poetico anche quando raffigura in bianco e nero e a matita due pappagalli liberi, in fuga verso l’orizzonte. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1527 di Internazionale, a pagina 83. Compra questo numero | Abbonati