◆ All’inizio di settembre il ciclone Daniel ha causato gravi danni in Grecia, Bulgaria e Turchia per poi spostarsi sulla costa orientale della Libia, dove ha provocato un’alluvione che ha distrutto gran parte della città di Derna e ucciso migliaia di persone. Daniel apparteneva alla categoria dei cicloni tropicali mediterranei, noti tra i meteorologi come medicane (dalla fusione tra mediterranean e hurricane, uragano), fenomeni analoghi agli uragani che colpiscono l’area caraibica e il Pacifico occidentale ma più rari e meno distruttivi. Come i loro equivalenti tropicali, i medicane si formano quando l’aria calda che s’innalza dal mare incontra uno strato più freddo, generando un moto convettivo attorno a un’area di bassa pressione. I cicloni mediterranei hanno meno spazio per svilupparsi, spiega il Guardian, e sono più piccoli e deboli: normalmente la loro intensità equivale a quella di un uragano di categoria 1 ( la più bassa) sulla scala Saffir-Simpson, con venti tra i 119 e i 153 chilometri orari. Tendono a formarsi in autunno, quando la temperatura dell’acqua è più alta, di solito nel Mediterraneo occidentale e tra il mar Ionio e la costa nordafricana. In media se ne registrano uno o due all’anno. Gli scienziati ipotizzano che con l’aumento delle temperature questi fenomeni diventeranno meno frequenti ma più intensi: secondo il World weather attribution il cambiamento climatico ha aumentato di cinquanta volte la probabilità di precipitazioni estreme come quelle che hanno colpito la Libia.
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Questo articolo è uscito sul numero 1530 di Internazionale, a pagina 104. Compra questo numero | Abbonati