Marigold e Rose della poeta statunitense Louise Glück, premio Nobel per la letteratura nel 2020 e morta il 13 ottobre 2023, può essere divorato in una sola seduta, e questo è probabilmente il modo migliore per entrare nel suo mondo stranamente ipnotico, in parte perché il tono non scivola mai verso un’intensità violenta, e in parte per il ritmo ordinato della prosa di Glück.
Dieci brevi capitoli raccontano – anche se non in ordine cronologico – il primo anno di vita di due gemelle, le Marigold e Rose del titolo. In questo periodo muore la nonna, la madre prova a tornare al lavoro, le gemelle “prima gattonano, poi camminano e si arrampicano, poi parlano”. Il libro potrebbe sembrare limitato o addirittura, dato l’argomento, banale. Trattandosi di Glück, non c’è questo pericolo. Al contrario, come la sua poesia, Marigold e Rose trae forza da un’acuta capacità di osservazione. Quasi a sottolineare la somiglianza con la metrica dei versi, ogni capitolo non è diviso in paragrafi che si susseguono discorsivamente, ma in blocchi di testo collegati tra loro e separati da quelle che in un’opera poetica chiameremmo interruzioni di strofa. E in effetti questi blocchi di testo ricordano un po’ le strofe di una poesia. Ognuno di essi agisce come una sorta di tableau vivant all’interno della storia: messi l’uno accanto all’altro, fanno pensare a un fregio. La novella di Louise Glück offre un tenero esame dei modi diversi di entrare nella giovinezza, uno dei quali è diventare una scrittrice.
Fiona Sampson,The Guardian
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Questo articolo è uscito sul numero 1537 di Internazionale, a pagina 105. Compra questo numero | Abbonati