◆ Il parco nazionale del Biesbosch è stato istituito nel 1994 nel delta del Reno e della Mosa. Un tempo era un’area rurale, finché nel novembre del 1421 un ciclone extratropicale colpì i Paesi Bassi, provocando quella che è passata alla storia come l’inondazione di santa Elisabetta. Le piene dei fiumi e le onde di tempesta causarono la rottura delle dighe e sommersero molti villaggi, uccidendo migliaia di persone. Le acque si raccolsero in un vasto bacino, e con il tempo i sedimenti trasportati dai fiumi e dalle maree crearono una rete di isolette e tortuosi canali. Le canne e le carici colonizzarono le rive sabbiose, e una parte della terra fu recuperata per uso agricolo.
In seguito sono state costruite diverse infrastrutture per la gestione delle acque, come la Nieuwe Merwede, un canale realizzato a metà dell’ottocento, e tre bacini artificiali costruiti negli anni settanta. Ma le inondazioni non si sono fermate, e nel 1953 un’alluvione ha ucciso più di 1.800 persone. Dopo quell’evento il governo olandese ha lanciato il piano Delta, che ha regolarizzato la portata delle maree con un complesso sistema di infrastrutture.
Oggi il parco ospita molte specie, come il castoro, la lontra e il martin pescatore. Nel maggio 2023 è stata avviata la reintroduzione dello storione, scomparso da decenni a causa della pesca eccessiva, dell’inquinamento e dell’ostruzione dei corsi d’acqua.–Nasa
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Questo articolo è uscito sul numero 1539 di Internazionale, a pagina 105. Compra questo numero | Abbonati