Che c’è di diverso nel femminicidio di Giulia Cecchettin
◆ Ho letto l’articolo di Annalisa Camilli (internazionale.it). Secondo me lo sdegno nel caso di Giulia è legato al fatto che avevamo sempre associato il patriarcato alla periferia, al degrado, alla mancanza di educazione e forse a un’età diversa. Niente di tutto questo. Elena Cecchettin ci ricorda che le radici della cultura patriarcale sono molto più vicine, onnipresenti e trasversali di quello che vogliamo vedere.
Maria Teresa Salvati
Doppia violenza
◆ Ho letto l’articolo sugli stupri (Internazionale 1537) con un po’ di repulsione, perché a quindici e sedici anni ho subìto due abusi. L’argomento tuttora mi inquieta e, talvolta, mi sento ancora “colpevole”, anche se so che non dovrei. D’altro canto sono una penalista e, in quasi vent’anni di esercizio della professione, ho assistito sia donne violentate sia stupratori con il necessario livello di distacco, per garantire al meglio il diritto di difesa. L’articolo mi ha letteralmente aperto gli occhi su una circostanza: le indagini e i processi, nel nostro paese, sono ancora spesso condotti in modo cieco, con un approccio patriarcale e maschilista o, all’estremo opposto, giustizialista, senza riferimenti alle incredibili scoperte scientifiche e alle tecniche citate nell’articolo. Far conoscere le tecniche di ascolto delle vittime-testimoni e favorire la consapevolezza che certe reazioni psicofisiche apparentemente incontrollabili non sono sintomi di debolezza ma derivano dall’istinto di sopravvivenza ridurrebbe drasticamente il margine tra la verità processuale e quella storica e renderebbe i processi in qualche modo più “etici”.
Valentina
Le armi uccidono anche chi le usa
◆ Rebecca Solnit (Internazionale 1538) ha lanciato un avvertimento condiviso da tutti i professionisti di salute mentale: avere accesso a un’arma da fuoco aumenta il rischio di suicidio. Raramente una persona muore al primo tentativo di togliersi la vita, e i tentativi di suicidio sono molti di più dei suicidi effettivi, quindi possiamo aiutare chi soffre emotivamente. Ma se si usa un’arma da fuoco non c’è questa possibilità. Tutte le forze armate del mondo registrano alti tassi di suicidio a causa del facile accesso alle armi, delle situazioni stressanti e della violenza quotidiana. Dobbiamo eliminare le armi dalla vita quotidiana, soprattutto quando c’è il rischio di depressione o di altri disturbi mentali.
Antonio E. Nardi
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Questo articolo è uscito sul numero 1539 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati