Chi ama Aki Kaurismäki sarà felice di ritrovarlo, a sei anni dal suo ultimo film, perfettamente fedele a sé stesso. Anche Foglie al vento racconta una storia di proletari sfruttati in ogni modo, imprigionati dalle logiche capitalistiche in gironi infernali da cui escono sempre perdenti. L’operaio Holappa beve perché è depresso ed è depresso perché beve. L’impiegata Ansa non riesce a tirare avanti con il lavoro, allora ruba e così perde anche il lavoro. S’incontrano e tra loro nasce un amore che non salverà il mondo, ma forse salverà due anime sole. Non c’è nessun inconscio da analizzare o interpretazione da dispiegare. Si può solo entrare nei dettagli per capire dove sta l’emozione. E lì vediamo che tutto è una forma di resistenza: una frase che colpisce nel segno, l’eleganza di un gesto, la probità di una postura si oppongono alla stupidità, alla volgarità e all’ingiustizia.
Marcos Uzal, Cahiers du Cinéma

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Questo articolo è uscito sul numero 1544 di Internazionale, a pagina 74. Compra questo numero | Abbonati