Secondo Larry Fink l’economia globale è sulla soglia di una “rivoluzione delle infrastrutture”. Il presidente della BlackRock, il più grande fondo di gestione patrimoniale del mondo, ha espresso questa pacata previsione il 12 gennaio 2024, dopo aver annunciato che la sua azienda avrebbe comprato la Global Infrastructure Partners (Gip) per 12,5 miliardi di dollari. La Gip, guidata da Adebayo Ogunlesi, amico di Fink dai tempi in cui entrambi lavoravano nel settore bancario, è il terzo investitore in infrastrutture al mondo, dopo l’australiana Macquarie e la canadese Brookfield. Le sue attività vanno dall’aeroporto di Gatwick a Londra al porto di Melbourne. Ogunlesi e i suoi soci diventeranno il secondo azionista della BlackRock.

Fink non è l’unico entusiasta del settore. Il 16 gennaio il fondo d’investimenti General Atlantic ha confermato l’acquisto della Actis, un investitore in infrastrutture specializzato nei mercati emergenti. A settembre il fondo Cvc ha comprato l’olandese Dif. Secondo la società di analisi dei dati Preqin, negli ultimi dieci anni il patrimonio gestito dai fondi infrastrutturali è quasi quintuplicato, raggiungendo i 1.300 miliardi di dollari. I fondi pensione e i gestori di fondi sovrani sono stati attirati dai rendimenti del settore, al tempo stesso interessanti e relativamente stabili. Più della metà dei finanziatori intervistati dalla Preqin intende aumentare la quota dei propri portafogli destinata alle infrastrutture.

Questo settore degli investimenti è in espansione dagli anni novanta. A causa dei debiti crescenti, i governi occidentali hanno deciso di cercare investitori privati che acquisissero e contribuissero ad ammodernare infrastrutture obsolete: dagli aeroporti alle ferrovie fino alle condotte idriche. In seguito, osserva Sam Pollock, il responsabile del settore per le infrastrutture della Brookfield, molte altre aziende, dai fornitori di energia agli operatori di telecomunicazioni, si sono rivolte ai fondi infrastrutturali per liberarsi di beni come oleodotti e torri per la telefonia mobile. Oggi, continua Pollock, la richiesta di questi investimenti è in aumento grazie a tre tendenze. In primo luogo la decarbonizzazione: perché il mondo possa raggiungere gli obiettivi fissati per il clima, fino al 2030 bisognerà investire ottomila miliardi di dollari nelle fonti d’energia rinnovabili, nelle batterie e nelle linee di trasmissione. Saranno inoltre necessarie enormi somme per i sistemi di rimozione dell’anidride carbonica e per impianti a idrogeno destinati a produrre carburante pulito per aerei e navi. La seconda tendenza è la digitalizzazione: i software si staranno anche mangiando il mondo, ma per farlo hanno bisogno di molte opere, dai cavi in fibra ottica alle reti 5g. La terza tendenza è la deglobalizzazione: gli sforzi per spostare le catene di forniture fuori dalla Cina stanno stimolando la domanda di fabbriche affamate di capitale e di nuove infrastrutture per trasportare le merci via terra e via mare. In Europa i timori per la sicurezza energetica dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia hanno generato una corsa alla costruzione di terminali di gas naturale liquefatto.

Bilanci sotto pressione

La domanda d’investimenti di questo tipo arriva in un momento in cui i bilanci dei governi e delle imprese sono sotto pressione. Si prevede che il debito pubblico federale statunitense, pari a 26mila miliardi di dollari (il 98 per cento del pil), continuerà a crescere nel prossimo decennio. Anche molti governi europei hanno un debito pesante. L’aumento dei tassi rende più costosi gli interessi legati a queste passività e complica la vita alle aziende. La necessità di ridurre l’indebitamento limiterà la loro capacità di fare grandi investimenti nei prossimi anni. I fondi infrastrutturali sono pronti a colmare il vuoto. Nel 2022 la Intel si è rivolta alla Brookfield per finanziare il 49 per cento di una nuova fabbrica di processori da trenta miliardi di dollari negli Stati Uniti.

Finora la maggior parte degli investitori in infrastrutture si è concentrata sui paesi ricchi, dove i governi sono più affidabili e le valute più stabili. Secondo i dati della Preqin, più di quattro quinti delle attività gestite da questo settore si trovano sui mercati occidentali. L’esigenza di nuove infrastrutture è tuttavia più forte nel sud del mondo, dove sia la popolazione sia le economie crescono più rapidamente. “Gli investimenti nei mercati emergenti rappresentano una grande opportunità per noi”, afferma Raj Rao, uno dei fondatori della Gip. Leigh Harrison, responsabile degli investimenti infrastrutturali della Macquarie, sottolinea che la sua azienda sta aumentando la quota di fondi da destinare a questi mercati.

Nonostante la crescente importanza del settore per l’economia globale, non mancano i detrattori. Nel Regno Unito la Macquarie è stata criticata per come ha amministrato la Thames Water, l’azienda che gestisce le forniture idriche di Londra e dintorni. Nel periodo in cui è stata proprietaria dell’azienda, dal 2006 al 2017, la Macquarie ha triplicato i debiti della Thames Water, portandoli a undici miliardi di sterline (12,8 miliardi di euro), ma realizzando un enorme profitto per sé e per gli altri azionisti. Da allora l’azienda, appesantita da questi debiti, ha faticato a trovare i soldi necessari per riparare le tubature rotte e ridurre l’immissione delle acque reflue nei fiumi. Harrison sostiene che durante la gestione della Macquarie sono stati investiti nell’azienda 1,6 miliardi di euro all’anno, più che in qualsiasi altro periodo precedente. Tuttavia, ammette che quando la Macquarie ha comprato la Thames Water “i mercati erano molto diversi” , e che oggi la sua società non appesantisce più di debiti le sue attività come faceva in passato.

In un mondo in cui il debito è sempre più costoso, gli investitori in infrastrutture non guadagnano con strumenti d’ingegneria finanziaria, ma grazie a una gestione più intelligente dei patrimoni. Harrison osserva che la Macquarie sta aumentando il numero di esperti del settore. “Il nostro valore aggiunto consiste nella capacità di apportare un maggior rigore operativo a un’attività”, afferma Rao, della Gip. Il manager fa l’esempio di Gatwick, dove il fondo si è concentrato sulla velocizzazione dei controlli di sicurezza, lasciando ai viaggiatori più tempo per rilassarsi e per fare acquisti prima del volo. Anche le aziende del settore delle infrastrutture, ormai, trovano che sia un piacere anche solo andarsene in giro a fare spese. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1547 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati