Per ricostruire il clima del passato, i paleoclimatologi si sono avventurati in ogni angolo del pianeta: nelle regioni polari per analizzare i ghiacci, nelle profondità degli oceani per studiare coralli e sedimenti, nelle foreste incontaminate per analizzare gli alberi secolari. Oggi il clima è monitorato da ricercatori e scienziati di origini, religioni e culture diverse, a qualsiasi latitudine e altitudine, perfino nello spazio. Per fare previsioni sul futuro lavorano con computer ultratecnologici, che raccolgono e analizzano enormi quantità di dati, usando algoritmi all’avanguardia. “Il cambiamento climatico è una delle più grandi minacce che l’umanità deve affrontare. È un tema che sui mezzi d’informazione si affronta concentrandosi soprattutto sulle sue conseguenze devastanti”, dice Fabio Cian, scienziato e fotografo italiano, che dal 2018 porta avanti il progetto Ubiquitous anomaly. Revealing climate change.
Per questo lavoro, nato quando era alla Columbia university a New York e ancora in corso, Cian ha fotografato alcune delle più importanti strutture di ricerca sul clima in tutto il mondo, per restituire la diversità e la ricchezza di questi macchinari e laboratori, situati a volte in luoghi remoti, dove si cerca di capire meglio la complessità del clima e in che modo gli esseri umani lo stanno influenzando. Dagli Stati Uniti al Gambia, dal Brasile alla Svezia, nelle sue immagini ha ritratto, tra gli altri, i ricercatori che studiano l’interazione tra la biosfera e l’atmosfera o misurano i flussi e le concentrazioni di gas serra.
“Attraverso le loro sfide e le loro conquiste, spesso invisibili”, spiega Cian, “il progetto è un invito a vedere e capire gli enormi sforzi che ci sono dietro alla lotta contro il cambiamento climatico”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1561 di Internazionale, a pagina 64. Compra questo numero | Abbonati