Nel pop degli ultimi anni, dominato dalla triade di Taylor Swift, Beyoncé e Olivia Rodrigo, Dua Lipa è un’eccezione. I suoi testi non ci restituiscono nulla, ha l’immagine pubblica di una modella da Instagram e l’aspetto più notevole della sua vita personale è che le piace viaggiare. Di sicuro è rilassante, ma è anche frustrante che nel 2024 una popstar donna abbia due opzioni: essere una macchina da gossip o un personaggio del videogioco The Sims (versione espansa). In Radical optimism l’artista londinese non va oltre questa dicotomia. Descrive il disco come debitore della cultura rave e della psichedelia, e il coinvolgimento di Kevin Parker dei Tame Impala fa pensare che le sue intenzioni fossero serie, però purtroppo queste influenze non vengono fuori. Certo, Houdini è irresistibile, ma già Whatcha doing sembra la replica di Dance the night, scritta per il film Barbie. Falling forever vorrebbe essere dance d’avanguardia ma fallisce, con una batteria rubata da Running up that hill la cui solennità non aiuta. Quando Dua Lipa prova a uscire fuori dallo stampo dance-pop, la sua sicurezza crolla. Nessuno ha bisogno di conoscere i dettagli della sua vita personale per dare peso alle sue canzoni, ma ci dovrebbe essere qualcosa nella performance, nella scrittura o nella produzione che la distanzi dal rumore di fondo. Ha dimostrato di saper essere pop, ma la star ancora non c’è.
Claire Biddles, The Line of Best Fit

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Questo articolo è uscito sul numero 1562 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati