Se pensate che il titolo dell’ottavo album degli Arab Strap suggerisca apatia ed esistenzialismo, avete ragione. Questi ingredienti sono fondamentali per la band, che infatti molti liquidano senza appello come deprimente. Quello che però sfugge di Aidan Moffat e Malcolm Middleton è il cinismo e l’umorismo nero. Questo titolo, per esempio, è un estratto da uno scambio di messaggi tra di loro che sintetizza “quella rabbia pacata di anime perse in un mondo apparentemente connesso che alimentano complotti e sono dipendenti da internet”. Se And days get dark del 2021, che rappresentava il ritorno sulle scene del duo scozzese dopo sedici anni, rifletteva sulla mezza età, qui Moffat cerca di diventare il migliore cantautore della sua generazione regalando osservazioni sincere e brutali. La sua voce canta, parla e sussurra sulle trame costruite da Middleton, che si muovono tra rock, electro-disco e industrial. Un album che bilancia perfettamente fragilità e desolazione e dimostra che questa band ha ancora tanto da offrire.
Lauren Murphy, The Irish Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1564 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati