“La mattina del 5 giugno decine di paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) hanno circondato Wad al Nura, un villaggio nello stato di Gezira, nel Sudan centrale, che negli ultimi quattordici mesi era stato risparmiato dalla guerra tra le Rsf e l’esercito. Per questo accoglieva numerosi sfollati”. Quel giorno, scrive Middle East Eye, “gli abitanti di Wad al Nura, in previsione dell’attacco, avevano scavato delle trincee e le avevano riempite d’acqua. Contadini, ex soldati e poliziotti si erano armati. Ma non è bastato: al loro arrivo le Rsf hanno aperto il fuoco in tutte le direzioni, in quello che – secondo fonti nel Comitato di resistenza di Wad Madani, il capoluogo di Gezira – è stato un massacro sistematico”. Come nota il sito, “per settimane tutti si attendevano un attacco su Al Fashir, in Darfur. Ma mentre tutti gli occhi erano puntati a ovest, i paramilitari hanno colpito a mille chilometri di distanza”. Secondo varie fonti i morti sono stati 150, tra cui 35 bambini. La maggior parte sono seppelliti in una fossa comune nella piazza di Wad al Nura. Sono ormai 15.500 le vittime del conflitto scoppiato il 15 aprile 2023. Negli ultimi giorni almeno 35 civili sono morti ad Al Fashir, e altri 40 a Omdurman, vicino a Khartoum. “Finora le Rsf sono sembrate più agili e meglio armate. In tutto lo stato di Gezira, però, si stanno formando dei gruppi di autodifesa”, aggiunge Middle East Eye, secondo cui i paramilitari avrebbero colpito Wad al Nura per annientare questa forma di resistenza”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1567 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati