“Dall’inizio del 2024 i marocchini hanno organizzato più di cento proteste contro il carovita. Da Agadir a Rabat, addetti alle pulizie, ingegneri, operatori sanitari e pensionati hanno manifestato per chiedere che i salari siano più alti e pagati con puntualità, e di intervenire per frenare la crescita dei prezzi dei beni di consumo”, scrive The Continent. “Gli ultimi sei anni sono stati come una lunga rivolta del pane in Marocco, perché i rincari dei generi alimentari sono stati brutali, con un picco del 32 per cento nel febbraio 2023”. La crisi marocchina, spiega il settimanale, deriva da un cambiamento della politica agricola, che ha permesso da un lato di aumentare la produzione, ma dall’altro ha spinto i contadini a investire sulle colture da esportazione. I marocchini, invece, chiedono al governo di dare la priorità alla “sovranità alimentare”. Secondo The Continent in almeno altri dodici paesi africani – dal Kenya alla Nigeria – i governi sono sotto pressione per l’eccessivo costo della vita. ◆
Affamati e arrabbiati
Chi sarà il presidente
Il consiglio dei guardiani della rivoluzione, un organo non eletto dominato dai conservatori e incaricato di supervisionare il processo elettorale in Iran, ha autorizzato il 9 giugno sei candidati a partecipare alle presidenziali del 28 giugno, per sostituire Ebrahim Raisi, morto in un incidente a maggio. Sono stati scelti tra gli ottanta che si erano proposti e sono in maggioranza conservatori. C’è un solo riformista, l’ex ministro della salute Masoud Pezeshkian, c’è un religioso e non c’è neanche una donna. Iran Wire sottolinea che in vista del voto le autorità hanno intensificato la repressione del dissenso con “un’ondata di nuove esecuzioni e pesanti sentenze detentive”.
Incidente aereo nel nord
L’11 giugno in Malawi il presidente Lazarus Chakwera ha annunciato che il vicepresidente Saulos Chilima ( nella foto ) e altre nove persone erano morte il giorno prima in un incidente aereo nel nord. Al secondo mandato come vicepresidente, Chilima era considerato uno dei possibili candidati alle presidenziali del 2025, scrive Africanews.
Vittime dei droni
In Etiopia, nello stato federale dell’Amhara, il 2 e il 5 giugno sono stati uccisi due funzionari locali di alto livello. Le autorità hanno puntato il dito contro “entità estremiste”. L’espressione, spiega l’Afp, è spesso usata per indicare i combattenti delle milizie nazionaliste amhara dette Fano, che dopo aver combattuto a fianco del governo di Addis Abeba durante la guerra nel Tigrai (2020-2022), al momento del disarmo si sono ribellati . Nonostante la repressione e il ricorso ai bombardamenti con i droni, le forze governative non sono ancora riuscite a sconfiggerli. Invece, nota il giornale etiope The Reporter, l’uso dei droni è costato la vita a decine di civili: “Da quando Abiy Ahmed è andato al potere nel 2018, centinaia di migliaia di persone sono morte nel conflitto, nelle rivolte e negli attacchi che hanno interessato quasi tutto il territorio”.
Impossibile difendersi
“La mattina del 5 giugno decine di paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) hanno circondato Wad al Nura, un villaggio nello stato di Gezira, nel Sudan centrale, che negli ultimi quattordici mesi era stato risparmiato dalla guerra tra le Rsf e l’esercito. Per questo accoglieva numerosi sfollati”. Quel giorno, scrive Middle East Eye, “gli abitanti di Wad al Nura, in previsione dell’attacco, avevano scavato delle trincee e le avevano riempite d’acqua. Contadini, ex soldati e poliziotti si erano armati. Ma non è bastato: al loro arrivo le Rsf hanno aperto il fuoco in tutte le direzioni, in quello che – secondo fonti nel Comitato di resistenza di Wad Madani, il capoluogo di Gezira – è stato un massacro sistematico”. Come nota il sito, “per settimane tutti si attendevano un attacco su Al Fashir, in Darfur. Ma mentre tutti gli occhi erano puntati a ovest, i paramilitari hanno colpito a mille chilometri di distanza”. Secondo varie fonti i morti sono stati 150, tra cui 35 bambini. La maggior parte sono seppelliti in una fossa comune nella piazza di Wad al Nura. Sono ormai 15.500 le vittime del conflitto scoppiato il 15 aprile 2023. Negli ultimi giorni almeno 35 civili sono morti ad Al Fashir, e altri 40 a Omdurman, vicino a Khartoum. “Finora le Rsf sono sembrate più agili e meglio armate. In tutto lo stato di Gezira, però, si stanno formando dei gruppi di autodifesa”, aggiunge Middle East Eye, secondo cui i paramilitari avrebbero colpito Wad al Nura per annientare questa forma di resistenza”. ◆
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