Il candidato riformista Masoud Pezeshkian e l’ultraconservatore Said Jalili sono arrivati in testa al primo turno delle presidenziali del 28 giugno, segnate dall’affluenza più bassa dalla nascita della Repubblica islamica nel 1979. Gli iraniani votano per il secondo turno il 5 luglio. Chirurgo di 69 anni di origine azera e deputato di Tabriz, Pezeshkian ha ottenuto il 42, 5 per cento delle preferenze, contro il 38,6 di Jalili, ex negoziatore del programma nucleare iraniano, 58 anni, sostenitore di una politica intransigente verso l’occidente. Per il quotidiano moderato Farhikhtegan l’astensione, che ha sfiorato il 60 per cento, mostra che “i candidati non rappresentano la società”. Iran Wire sottolinea che il tentativo del leader supremo Ali Khamenei di “legittimare la Repubblica islamica” è fallito. Il suo errore è stato credere che la presenza di un candidato riformista avrebbe aumentato la partecipazione, ma non si è reso conto che la maggioranza degli iraniani ha perso ogni speranza di cambiare il paese attraverso le urne. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1570 di Internazionale, a pagina 29. Compra questo numero | Abbonati