Se vince
l’estrema destra

◆ Sono abbonato a Internazionale fin dall’adolescenza, seguo tutto, apprezzo il vostro lavoro e non potrei smettere di leggerlo. C’è però una cosa che volevo scrivervi da tempo e gli exit poll del secondo turno in Francia mi hanno spinto a farlo ora. Ho l’impressione che anche voi tendiate a ingigantire il fenomeno dell’estrema destra, presentando il suo avvento quasi come inevitabile. Capisco che sia importante parlarne e provare a capirne le cause. Ma già prima delle elezioni europee (Internazionale 1566), poi in vista delle legislative francesi e delle prossime presidenziali statunitensi lo avete affrontato come se fosse un processo dilagante e incontenibile, con copertine apocalittiche e articoli monotematici in cui si spiega che l’estrema destra di turno potrebbe arrivare seconda, forse terza. Alla prova dei fatti i risultati alle europee sono stati marginali, in Francia ha perso e Trump, dopo aver vinto una volta, è stato sconfitto alle elezioni successive. Questa attenzione rischia di diventare una profezia che si autoavvera e fa passare in secondo piano dinamiche altrettanto importanti, come gli ottimi risultati di forze di sinistra (vedi in Francia) o lo spostamento a destra di tanti partiti di destra tradizionali (come la Cdu in Germania). Credo che l’estrema destra sia riuscita soprattutto a diffondere le sue idee, come la lotta all’immigrazione, tanto che vengono riprese persino da partiti di sinistra. È questa “egemonia culturale” sempre più solida che andrebbe contrastata, non annunciando l’avvento di una nuova era post-fascista ma parlando di chi e come prova a evitarla.
Matteo Casalini

Abbandonate

◆ Édouard Louis, citato nell’editoriale di Giovanni De Mauro (Internazionale 1570), ipotizza che “forse il successo dell’estrema destra è un segnale per la sinistra, perché cambi e possa poi diventare più forte”. È una buona idea cogliere questo segnale, purché l’obiettivo sia il cambiamento, non tanto diventare più forte. Un partito deve lavorare per soddisfare i bisogni dei suoi elettori e, auspicabilmente, di tutti i cittadini. Ho smesso di preoccuparmi del fatto che la “sinistra” vinca o perda da quando ha cominciato a realizzare “politiche conservatrici e di destra, di disintegrazione del welfare e dell’assistenza sociale”. Tornerò a gioire quando la “sinistra” promuoverà politiche progressiste e di sinistra e sarò ancora più felice quando sarà abbastanza forte da realizzarle.
Marco Danelli

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Questo articolo è uscito sul numero 1571 di Internazionale, a pagina 12. Compra questo numero | Abbonati