Secondo la regola comunemente accettata un giallo degno di questo nome deve contenere un delitto, un’indagine e un colpevole. La vicenda può avere un’esotica ambientazione storica o avvenire in un futuro improbabile e può essere condita con filosofia, eccessi erotici o squallori psicologici. Vale tutto, basta che il libro si poggi sulle tre solide gambe di cui sopra. Ma cosa succede se c’è un delitto, c’è un’indagine però il colpevole rimane sconosciuto? Possiamo parlare di giallo? Quasi alla fine di Bersaglio notturno Piglia scrive: “I romanzi polizeschi risolvono casi criminali con eleganza o con brutalità in modo che il lettore possa tranquillizarsi”. Si tratta di questo, dunque? Di non lasciare tranquillo il lettore? Bersaglio notturno ha quella qualità distruttiva che ha portato Piglia a dire, parlando di William Faulkner, che “la letteratura si costruisce sulle rovine della realtà”. Il romanzo dunque si presenta come giallo ma rompe tutte le convenzioni del genere. Tony Durán, un avventuriero e giocatore d’azzardo portoricano arriva in una città vicino a Buenos Aires alla ricerca delle sorelle gemelle Ada e Sofía Belladonna che aveva conosciuto ad Atlantic City. Si ferma in un albergo e in quanto straniero e sconosciuto scatena subito pettegolezzi e invidie. Un giorno lo trovano morto e le indagini prendono due strade opposte. La prima punta a un colpevole plausibile, l’altra, l’indagine del pensieroso commissario Croce, è fatta più d’intuizione che di metodo. Piglia conduce il lettore in un terreno paludoso, concentrando tutto l’intrigo su un personaggio all’inizio secondario, Luca Belladonna, il fratello delle due gemelle. Nulla in Bersaglio notturno è quello che sembra.
Francisco Solano, Revista de Libros

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Questo articolo è uscito sul numero 1573 di Internazionale, a pagina 81. Compra questo numero | Abbonati