Il sito panarabo The New Arab riferisce i primi risultati di un’indagine condotta da Israele secondo cui durante l’attacco dei coloni al villaggio di Jit del 15 agosto erano presenti soldati israeliani che non hanno fatto niente per fermare le violenze e uno “squadrone di sicurezza” dell’avamposto illegale di Havat Gilad. In seguito è arrivata sul posto anche la polizia di frontiera israeliana, che si è impegnata a disperdere i coloni. Nessuno degli aggressori è stato arrestato. Secondo l’indagine, la maggior parte dei coloni proveniva dall’insediamento di Shilo e dall’avamposto di Havat Gilad.

In un articolo su Al Jazeera, Justin Salhani scrive che la guerra a Gaza sta facendo da copertura per le costanti violenze e la continua espansione israeliana nella Cisgiordania occupata. Il ministro delle finanze israeliano di estrema destra, Bezalel Smotrich, ha annunciato nuovi progetti per espandere gli insediamenti nei territori palestinesi occupati, ignorando il diritto internazionale e il recente verdetto della Corte internazionale di giustizia secondo cui la presenza di Israele in quelle aree è illegale.

Tariq Kenney-Shawa, del centro studi palestinese Al Shabaka, spiega che “Israele persegue da decenni una politica di espansione in Cisgiordania, ma i vari governi hanno usato tattiche diverse. La coalizione di estrema destra oggi al potere ha accelerato il processo, con l’obiettivo di formalizzare quella che da tempo è una realtà di fatto”.

Dal 7 ottobre Israele ha ucciso più di 630 palestinesi nella Cisgiordania occupata. L’esperto israeliano Ori Goldberg conferma ad Al Jazeera che negli ultimi mesi “la violenza dei coloni è stata sostenuta e coperta dall’esercito”. Ihab Maharmeh, ricercatore dell’Arab center for research and policy studies, con sede a Doha, aggiunge che “Israele sfrutta la guerra a Gaza per regolare vecchi conti coloniali in Cisgiordania, imponendo la sua sovranità, legittimando gli insediamenti e cacciando i palestinesi”. L’espansione delle colonie è criticata dalla comunità internazionale, e anche da Washington, principale sostenitrice e alleata di Tel Aviv. Ma gli Stati Uniti fanno poco per spingere Israele a cambiare politica. A luglio hanno emanato delle sanzioni contro tre coloni e cinque organizzazioni per le violenze commesse in Cis­giordania, ma non è bastato a dissuadere Israele dal sostenere gli insediamenti.

Sanzioni inutili

L’attuale governo israeliano, di cui oltre a Smotrich fa parte Itamar Ben Gvir, ministro della sicurezza nazionale e anche lui esponente dei coloni di estrema destra, ha dato un contributo decisivo a questa politica. I due hanno fatto pressioni per aumentare gli insediamenti come tappa verso una piena annessione, e sono stati premiati da Netanyahu con maggiori poteri sulla Cisgiordania. “Le sanzioni sono contro i coloni, ma questo governo è guidato in buona parte dai coloni, quindi restano sul piano individuale”, commenta Goldberg. “I coloni continuano a tormentare i palestinesi per cacciarli dalle loro terre, anche compiendo azioni di pulizia etnica su piccola scala, con il sostegno dell’esercito”. Kenney-Shawa aggiunge: “Le sanzioni contro singoli coloni non serviranno a contrastare un processo sistematico. Israele si comporta con più sfrontatezza e arroganza perché la comunità internazionale ha fatto capire che non è intenzionata a prendere misure efficaci per costringerlo a rispondere del suo operato”.

In un’intervista a The Palestine Chronicle, Muayyad Shaaban, che dirige la Wall and settlement resistance commission, parla di “terrorismo sostenuto dallo stato” con l’obiettivo di “terrorizzare le popolazioni locali palestinesi, distruggere le loro proprietà e trasferirle in enclave isolate e assediate”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1577 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati