Il primo strumento della penetrazione russa in Africa, ricorda il quotidiano Le Monde, è stata la milizia privata Wagner, che negli anni 2017-2018 è arrivata in Sudan, nella Repubblica Centrafricana e in Libia. Un’occasione decisiva si presentò in Mali nel 2020, quando “in un contesto sociale teso e sullo sfondo di un aggravamento della minaccia terroristica, un gruppo di militari rovesciò il presidente Ibrahim Boubacar Keita, con l’approvazione di una parte della popolazione. Tre giorni dopo il golpe Igor Gromyko, l’ambasciatore russo in Mali, fu il primo a essere ricevuto dal capo della nuova giunta, Assimi Goita”.

Negli anni successivi all’intervento militare francese del 2013 contro l’avanzata tuareg e jihadista in Mali – l’operazione Serval, rinominata Barkhane nel 2014 – era cresciuto tra i maliani il sospetto che i francesi fossero una forza d’occupazione più che un esercito alleato. Perciò, dopo aver rovesciato Keita, “gli ufficiali a capo del paese non nascosero la loro volontà di rimettere la Francia al suo posto e, se necessario, di rivolgersi alla Russia. Per Mosca era una grande occasione: far passare dalla sua parte il ‘nuovo’ Mali. Le reti di propaganda legate alla Wagner si misero all’opera per condizionare l’opinione pubblica maliana, reclutando alcuni mezzi d’informazione locali per diffondere discorsi ostili alla Francia, organizzando manifestazioni e diffondendo disinformazione sui social media. A Parigi intanto si osservava tutto senza preoccuparsi troppo”. In Francia non ci si rendeva conto che “in un’Africa francofona alla costante ricerca di sovranità, l’offerta russa era seducente. A differenza dei paesi occidentali, e della Francia in particolare, la Russia di Vladimir Putin non dava lezioni di democrazia o diritti umani”, continua il quotidiano francese. Si era creata quindi una collaborazione pragmatica basata su un semplice scambio: protezione dalle minacce alla sicurezza contro lo sfruttamento delle risorse naturali. A gestirla c’era la “nebulosa Wagner”, il cui ricorso a metodi brutali non sconvolgeva i partner africani. Quando la milizia, dopo la morte del suo fondatore Evgenij Prigožin il 23 agosto 2023, è passata nelle mani del ministero della difesa russo “ha continuato a usare gli stessi metodi. La Russia, però, non poteva più negare di essere dietro il gruppo Wagner”, osserva il collettivo d’inchiesta All eyes on Wagner. La nuova rete di propaganda del gruppo è più centralizzata e gestita dall’African initiative, un’agenzia che esalta i successi di Mosca e dei suoi alleati.

La Wagner, che oggi si chiama ufficialmente Africa corps, oltre a offrire combattenti, addestramento e sostegno nelle missioni sul campo, garantisce una serie di servizi non militari: accesso a linee di credito, sfruttamento di foreste e miniere, e perfino la produzione di bevande (vodka e birra) che fanno concorrenza alla francese Castel, riassume Martin Barnay sulla New Left Review: “Il Sahel è al centro di quello che alcuni chiamano ‘la nuova corsa all’Africa’. Lì il ritiro delle forze francesi ha coinciso con l’ascesa di un nuovo blocco strategico, che è diventato nel settembre 2023 l’Alleanza degli stati del Sahel, una confederazione formata da Mali, Niger e Burkina Faso, che dovrebbe fare da contrappeso alla Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cédéao/Ecowas) e del G5 Sahel, considerati pedine della Francia”. “Estromettendo Parigi dal Sahel”, sostiene Barnay, “la Wagner sembra destinata a ottenere nel campo della sicurezza un risultato paragonabile a quello della Cina nel campo delle infrastrutture e delle miniere. La sua affermazione dimostra anche che gli stati africani stanno riscoprendo il modello delle milizie private, più flessibili, meno costose e meno pericolose per la sovranità dei paesi che le ospitano. Ma queste compagnie militari private non sono una panacea e, come si è già visto, anche loro subiscono dure sconfitte e faticano a realizzare i loro obiettivi”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1580 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati