Il modo migliore per conoscere il Libano non è necessariamente quello di andarci: per scoprirlo si può cominciare leggendo e scegliendosi come guida una voce gentile ma sempre piena di spirito che evochi un mondo di sapori e d’immagini. Oggi questa voce è Sélim Nassib e Il tumulto si rivela come un grande libro di scoperta oltre che di memoria. L’autore parla attraverso un doppio di finzione, Youssef, nato come lui nella comunità ebraica di Beirut, teenager negli anni cinquanta e poi giovane impegnato, studioso ribelle e reporter di guerra che, proprio come la sua città, vivrà diverse vite. Di tutte queste, almeno tre sono raccontate in questo ricco romanzo autobiografico: tre sequenze, tre punti di svolta nella storia, in cui, dal caos del tempo, si dipanano ricordi individuali e collettivi. Il Libano è un non luogo, dice l’autore, ma questo non gli impedisce di essere bellissimo e di essere un territorio continuamente reinventato dalla letteratura. Così la fine degli anni sessanta, quando Youssef scopre l’attivismo e la prigione, diventa lo scenario di una storia nella storia in cui seguiamo le peripezie di un giovane ebreo di sinistra degne di un Philip Roth. La dimensione romantica prende il sopravvento nella parte finale in cui il narratore, che è diventato un giornalista e vive a Parigi, torna a Beirut nel 1982 per seguire la guerra con Israele. Paradossalmente proprio quando entra in scena il reporter che dovrebbe descrivere la realtà attraverso i fatti, la prosa diventa sempre meno fattuale o informativa. Leggendo queste pagine superbe che parlano di un ritorno al passato, di devastazione e del riemergere dalle macerie di vecchie amicizie intatte, non si può non pensare a Curzio Malaparte, nonostante i loro universi siano agli antipodi. Nassib colpisce per la sua capacità di evocare scene e dialoghi allucinati, percorsi da una formidabile febbre picaresca. Il tumulto che dà il titolo al libro non è solo quello della storia che ha ferito il Libano, ma è anche il tumulto interiore di un autore sempre alla ricerca delle sue sfuggenti origini. Sélim Nassib ottiene tutto questo con la grazia e la naturalezza di chi ha conosciuto sia la bellezza sia l’orrore: e guardandosi nello specchio della sua città ci mostra, in profondità, cosa sia l’umanità.
Fabrice Gabriel, Le Monde
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Questo articolo è uscito sul numero 1581 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati