Nato nel 1995, l’artista tailandese Harit Srikhao ha deciso, anche se ancora molto giovane, di raccontare una parte della sua vita in un libro. Intitolato Cumulus, il lavoro ripercorre otto anni molto complicati del suo passato, quelli che, a partire dal 2011, hanno caratterizzato il passaggio dall’adolescenza all’età adulta: “Cumulus è un libro fotografico che ho realizzato alla fine del 2023”, racconta. “Le ragioni principali che mi hanno spinto a farlo sono due. Con la diffusione dell’intelligenza artificiale ho cominciato a vedere la fotografia documentaria in modo diverso. Per me l’atto di un essere umano che scatta una foto è diventato qualcosa di concettuale. Ma il motivo ancora più importante è la mia storia personale recente”.

Alla metà del 2022 Srikhao ha cominciato ad avere comportamenti autodistruttivi che l’hanno portato, circa un anno dopo, a intraprendere un percorso di psicanalisi. “Con il mio terapeuta abbiamo scoperto che tutto quello che stavo vivendo era legato a dei traumi vissuti durante la mia adolescenza. A diciannove anni avevo avuto una relazione tossica ed ero diventato il soggetto e l’oggetto principale di filmati a carattere sessuale, che poi sono stati usati per ricattarmi. Cumulus è un modo per parlare di me e del mio punto di vista, con la mia voce. E mi è servito anche per riprendere contatto con la persona che ero prima di questa relazione dannosa. Fa parte quindi della mia terapia”.

È una piccola storia forte e fragile allo stesso tempo, con una punta di nostalgia

Questa impostazione ricorda quella che l’aveva portato a realizzare il suo primo progetto, finito nel 2011. Un insieme di foto notturne che gli sono servite a esorcizzare un momento difficile vissuto durante l’infanzia. Una sera del 2010, quando le manifestazioni e gli scontri violenti contro il governo tailandese hanno bloccato la città di Bangkok per diverse settimane, provocando diversi morti e feriti, Harit Srikhao è rientrato a casa a piedi dopo una lezione, incrociando uomini ubriachi, cani randagi, prostitute. Per cercare di dimenticare tutto questo, ha rifatto lo stesso percorso diverse volte, fotografando quelle strade con un incredibile senso del colore. La serie, che poi ha intitolato , è stata presentata all’Angkor photo festival, in Cambogia, e ha attirato l’attenzione del fotografo dell’agenzia Magnum Antoine d’Agata, che era lì per tenere un workshop.

Poco dopo ha esposto la serie A boy who was kidnapped by time al festival Photo Phnom Penh dedicata a uno dei suoi amici d’infanzia, James, morto a diciannove anni di tumore al colon. In un nuovo libro ha inserito una foto in cui sono raffigurati insieme all’epoca in cui erano studenti. A proposito dell’immagine Srikhao ha commentato: “Questo è il motivo principale per cui apprezzo così tanto la fotografia”.

Corpo e sessualità

Tutto questo lo ha incoraggiato ad approfondire gli studi, coronati da un diploma in fotografia e arti applicate al King’s Mongkut institute of technology di ­Bangkok, seguito da un master in fotografia e design visuale alla Nuova accademia di belle arti (Naba) di Milano. Qui è stato notato molto presto e dal 2017 fa parte dei giovani talenti premiati ed esposti al museo Foam di Amsterdam, nei Paesi Bassi. L’artista ha trovato un equilibrio tra i lavori commerciali nel campo della moda e del ritratto, e le sue ricerche personali, che sono state spesso premiate al livello internazionale. Nel 2017 ha pubblicato il suo primo libro, molto particolare, intitolato Whitewash che analizza i processi mentali che hanno portato alle rivolte del 2010 in Thailandia, una società che ha conosciuto governi brutali e numerose dittature militari. Concepito in un periodo di crisi e tormenti personali, Cumulus stupisce per la sua delicatezza con immagini dalle tinte pastello, a volte circondate da testi manoscritti in tailandese o in inglese. Sono fotografie tratte dai suoi archivi personali. Con il suo editore sono partiti da cinquecento immagini e ne hanno scelte centocinquanta, creando un montaggio fluido che segue o, più probabilmente, reinventa una cronologia.

Tutto comincia con un autoritratto, un corpo nudo vaporoso, “dopo la doccia”, come spiega l’autore. In questo insieme di immagini privo di tensione, gli autoritratti sono numerosi, mai compiaciuti né narcisistici, anche quando si vede mentre fa l’amore con un’amica, di cui non dice molto di più. Il corpo e il sesso sono spesso presenti, evocati o mostrati: il corpo della famiglia, degli amici e delle amiche dell’autore. È un’evocazione bagnata dalla luce della sera quella in cui un gruppo di ragazzi fa una gita in barca al mare. Un lungo testo circonda l’immagine: “Per questa foto ho scritto la storia del ragazzo con la maglietta nera, Pitch. All’epoca avevamo circa 14 anni, Pitch aveva una relazione tossica con una donna molto più grande. Siamo partiti insieme dopo averlo aiutato ed eravamo andati al mare. La sua storia è uno specchio della mia”.

Corpo e sesso si ritrovano anche in un’immagine scattata in un bar dove dei ragazzi in slip bianchi ballano sul palco illuminati da una luce verde: sono go-go boys in cerca di clienti. Harit ne fotografa uno nudo di schiena: “Era un mio amico e si prostituiva. Avevamo la stessa età. Il grande tatuaggio sulla schiena era simile a quelli che hanno molti ragazzi tailandesi; una brutta imitazione di un tatuaggio degli yakuza giapponesi, ma in bianco e nero, perché la maggior parte di noi non aveva abbastanza soldi per farlo a colori”.

La storia contenuta nel libro Cumulus comincia nel 2011 con le grandi inondazioni che colpirono migliaia di case dopo lo straripamento del fiume Chao Praya. La casa di Harit Srikhao non era stata risparmiata e lui era stato costretto a separarsi dai suoi genitori, ospitati altrove, mentre lui aveva trovato riparo nel dormitorio del suo liceo. La vicenda è stata drammatica, soprattutto quando poi la famiglia è stata costretta a traslocare in una brutta zona vicino all’aeroporto perché la madre era una hostess. Ma il giovane fotografo l’ha evocata con immagini pacate, frontali, come per esempio quella in cui c’è una casa circondata dall’acqua in cui si mescolano perfettamente le tinte verdi e arancioni. Poi si passa a foto di interni e alle tracce della rovina con un’attenta ricerca della luce e uno sguardo di una calma sconcertante.

Ci sono molte foto di adolescenti nelle loro uniformi del liceo, di amici che si riposano insieme, sdraiati in gruppo, magari direttamente per terra: “Quando ero giovane, mi piacevano molto le scienze ed ero un ottimo portiere di calcio. Su una foto ho scritto che alle medie ero il presidente del club di osservazione e il capitano della squadra di calcio. I cumuli sono le mie nuvole preferite per la loro forma. Quando le vedevamo sapevamo che molto difficilmente sarebbe piovuto e che quindi la sera avremmo potuto giocare a pallone”. Anche in questo caso c’è una forte attenzione per le luci calde, per i dettagli: la sbucciatura su un corpo, una libellula posata su una camicia bianca.

Ci sono anche paesaggi che ci fanno uscire dalla città, e poi il cielo, con le sue nuvole leggere annotate a mano con i loro nomi latini, stratus, altocumulus e ovviamente cumulus, nuvole estive nel cielo azzurro. Un corpo nudo che esce dall’inquadratura e fa posto alla luce, e poi i genitori che dormono.

È una piccola storia delicata, forte e fragile allo stesso tempo, raccontata confrontando i ricordi con il dubbio, con una punta di nostalgia per quell’infanzia che si vorrebbe preservare: “Considero i miei lavori fotografici come un film o una graphic novel”. E poi cita due artisti che ­lo hanno ispirato. Uno è il fotografo e artista tailandese Manit Sriwanichpoom, che è stato il suo mentore e il primo a farlo esporre in una mostra. L’altra è la fotografa statunitense Nan Goldin, che con il suo libro The ballad of sexual dependency “mi ha cambiato la vita. Nan Goldin ha detto: ‘Pensavo che non avrei mai potuto perdere qualcuno se riuscivo a fotografarlo bene’. In realtà le mie foto mi mostrano quanto ho perso”. ◆ adr

Il libro, la mostra

◆ Il libro **Cumulus **di Harit Srikhao è stato stampato in 500 copie dall’editore tailandese Bad eyes. La sua prossima mostra, Imago, per lo più costituita da autoritratti rielaborati con testi, opere grafiche e immagini del suo primo film, si terrà alla Bangkok city gallery dal 12 ottobre al 30 novembre 2024.


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Questo articolo è uscito sul numero 1583 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati