Ad agosto stavo come al solito esagerando con le ricerche per un’intervista che dovevo fare. Né “Password” né “Pass­word123” funzionavano per sbloccare lo schermo del vecchio Mac nella stanza di mio figlio. “Prova i nomi degli animali domestici che avevamo all’epoca”, mi ha suggerito lui al telefono da Città del Capo, dove lavora adesso.

All’epoca eravamo nel 2009, mio figlio era in terza media e doveva fare una tesina intitolata My Jozi (La mia Johannesburg). Parlava soprattutto dei musicisti della città e io l’avevo aiutato a ottenere un’intervista con Moonchild Sanelly e Nekhane. Avevano entrambi concesso con generosità il loro tempo. Quindi ad agosto ero curioso di vedere cosa avesse scritto quell’adolescente in cerca di fama dell’affascinante Moonchild dai capelli blu, intervistata in un bar nel quartiere di Maboneng un pomeriggio dopo la scuola.

Ora, quindici anni dopo, l’intervista la stavo facendo io. Di nuovo Moonchild. Mentre ascoltava le mie storie e rispondeva alle domande dall’altro capo di una chiamata su Zoom, stava facendo in fretta e furia le valigie per volare in Portogallo per un concerto. Il motivo della nostra chiacchierata era il fatto che al suo rientro, il 7 settembre, si sarebbe esibita al festival Road to Amapiano. Si trattava di una festa musicale per celebrare i trent’anni della democrazia sudafricana, con artisti importanti come Oskido e Glen Lewis. Il festival metteva in scena l’evoluzione di generi della musica elettronica sudafricana come il kwaito, l’afro-house, il gqom, l’afrotech e l’amapiano. “Anche solo stare sul palco con persone che ti hanno cresciuta è pazzesco”, dice. “Perciò essere addirittura celebrata da loro è una cosa a cui non sono abituata in questo paese. Mi fa stare bene”, ha dichiarato la cantante.

A 39 anni Moonchild Sanelly è in vetta al mondo della musica. È aperta, spiritosa, brillante, intelligente e coinvolgente come quando l’ho incontrata per la prima volta in uno dei tanti locali underground di Johannesburg. Scoppia a ridere quando le dico che nemmeno con i nomi degli animali domestici sono riuscito a entrare nel vecchio computer per scoprire cosa c’era scritto nella tesina di quello studente di terza media. Le interessa sapere cosa combini oggi mio figlio, che nel frattempo è un giovane architetto.

“È bello risentire di nuovo la tua voce”, le dico. “È bello poterla usare”, risponde lei, ridacchiando. “A dire il vero non riesco a farne a meno”. Grazie a quella voce, a cui si aggiunge l’impegno e il talento, sta raggiungendo tutto il mondo. A luglio e agosto è stata ai festival di Womad, Green Man e Shambala nel Regno Unito, seguiti da concerti in Germania, Norvegia, Belgio, Paesi Bassi e Francia. Tutti spettacoli pieni di energia, con folle che urlano le sue strofe ed esplodono di gioia quando lei scuote il sedere. Subito prima si era esibita al festival musicale più famoso del Regno Unito, quello di Glastonbury, che quest’anno ha attirato duecentomila persone. Molte di loro devono aver visto per forza un suo spettacolo: l’anno scorso aveva fatto due concerti, quest’anno sono diventati dieci, probabilmente un record.

Una bambina libera

Il suo vero nome è Sanelisiwe Twisha ed è cresciuta nella città costiera di Port Elizabeth. Ha avuto un’infanzia piena di musica e creatività. Che si trattasse d’inventare coreografie sulle note delle Spice Girls, d’imparare da sola a suonare il pianoforte, di cantare in chiesa o scrivere poesie, è stata sempre incoraggiata da sua madre a esprimersi liberamente.

Poi si è trasferita a Durban per studiare moda, e lì si è subito immersa nella vivace scena musicale della città, prima di spostarsi a Johannesburg. Qui Moonchild ha creato il suo “future-ghetto-funk”, come lo chiama lei, un’amalgama di generi elettronici sudafricani come il kwaito, il gqom e l’amapiano, con all’interno elementi di hip-hop, jazz, pop e rnb.

Ma la vita a Johannesburg è stata dura: prima ha perso prematuramente sua madre; ha subìto una violenza sessuale; ha vissuto come senzatetto con due neonati gemelli; infine è quasi morta di malaria.

Da quando il suo premiatissimo album d’esordio del 2015 Rabulpha! l’ha portata alla ribalta, però, ha inanellato un successo dopo l’altro. Ha firmato con l’etichetta britannica Transgressive records, con cui nel 2022 è uscito il suo secondo album in studio, Phases. Adesso Moonchild sta lavorando al suo terzo disco, che uscirà nel 2025.

Non si può fare a meno di ricordare un’altra artista sudafricana pioniera dei diritti delle donne, la cantante Brenda Fassie, in particolare quando Moonchild parla senza censure di emancipazione sessuale femminile: “Liberazione per le donne, in camera da letto, in sala riunioni, consapevoli del proprio potere. Devo farmi sentire da tante persone”. Nelle sue canzoni, dice, “sono tutte le ragazze”, da quelle “brave” alle “ragazzacce”, dalle single alle “amanti”. Racconta dei ringraziamenti ricevuti dalle spogliarelliste per il suo pezzo Strip club. “Mi hanno detto: ‘Grazie di averci rappresentate, perché noi nascondevamo il nostro lavoro finché tu non hai alzato la voce per parlare di noi. Avere una vagina è uno sport avventuroso in questo paese, quindi fai bene a celebrarci tutte’”.

La sua musica è sfacciatamente sexy, quindi non sorprende che le sue interviste siano, per così dire, molto schiette. Nel 2017 Moonchild ha detto di non essersi mai censurata, perciò le sue canzoni finivano al primo posto su 5FM, la radio più ascoltata dai giovani, ma “su Metro FM non passavano mai perché troppo provocanti per il Sudafrica nero”. Adesso, aggiunge, dopo il suo successo all’estero anche le radio locali la sostengono. Quando la intervistano in diretta però ci vanno ancora con i piedi di piombo. “È evidente che stanno tutto il tempo sulle spine, perché non sanno cosa mi uscirà dalla bocca: ‘Ti ho detto che non puoi dire scopare?’”. Fa una risata birichina.

Moonchild sta preparando tre abiti da indossare durante lo spettacolo prima del volo pomeridiano per il Portogallo. Le chiedo chi sia la sua icona di stile. “Direi Vivienne Westwood. Alla scuola di moda di Durban mi chiamavano tutti Vivienne Westwood ma ho dovuto cercare su Google per scoprire chi fosse”.

Westwood è stata una delle stiliste britanniche più influenti, un’anticonformista associata con il movimento di moda della sottocultura punk alla fine degli anni settanta. “Perfino alla scuola di moda non ho mai avuto punti di riferimento”, mi dice Moonchild. “Ero l’unica ragazza che non parlava di marchi”.

La cantante ha collaborato con artisti importanti come Beyoncé, i Gorillaz, Wizkid, Major Lazer e Diplo.

Com’è Beyoncé? “È meravigliosa!”, risponde lei con entusiasmo.

E Damon Albarn, la mente dei Blur, dei Gorillaz e del progetto Africa Express? “È incredibile. Lo adoro”.

Moonchild dice che le sue future collaborazioni si concentreranno in zone del mondo in cui la sua stella è in ascesa, come il Regno Unito e la Svezia. Al festival di Glastonbury di quest’anno si è resa conto di essere riuscita ad arrivare in serie A dopo aver fatto ben dieci concerti nei palchi minori durante la manifestazione. Anche perché la sua musica era dappertutto sui mezzi d’informazione britannici, compresa la compassata Bbc 4, che lei scherzando definisce una radio dove di solito “trasmettono solo le notizie e l’opera”.

Come si sente prima di salire sul palco? “Divento silenziosa e mi faccio una canna per calmarmi, perché in generale ho molta energia. Quindi cerco d’incanalarla. M’innervosisco un po’ prima che annuncino il mio nome. E poi mi viene voglia di fare la pipì e non so perché, visto che la mia vescica è vuota perché l’ho appena fatta. Sono tesa, non riesco a superare quella sensazione. Faccio la prima canzone e poi mi dico: ‘Ok, ci siamo. Portiamola a casa’. E da lì in poi si scatena il finimondo”. ◆ gim

Biografia

1985 Nasce a Port Elizabeth, una città costiera in Sudafrica.
2005 Si trasferisce a Durban per studiare moda.
2006 Si esibisce in una performance di poesia e musica all’università di Durban.
2015 Esce il suo primo album, Rabulpha!
2019 Collabora con Beyoncé al brano My power.
2024 Tiene dieci concerti al festival di Glastonbury, nel Regno Unito.


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Questo articolo è uscito sul numero 1583 di Internazionale, a pagina 83. Compra questo numero | Abbonati