Nella mia vita ho rischiato di ammazzarmi soprattutto con le sigarette, l’alcol e pericolose avventure notturne. Ho sperimentato cosa ti aspetta in quei posti, ma non è il genere di esperienza facile da descrivere o di cui parlare. Forse è qualcosa di troppo segreto. Inoltre spesso sono al verde, quindi non corrispondo affatto alla figura paterna solida e affidabile che incute rispetto. Eppure ho sei figli, dai nove ai ventuno anni. Vivono tutti con me e con la loro madre italiana, Carla, e io cerco di fare del mio meglio. Di recente abbiamo parlato della possibilità di permettere a due delle nostre figlie, Magdalena, 16 anni, e Rita, 15, di viaggiare in giro per l’Europa da sole, un mese, con i biglietti Interrail. La questione è saltata fuori dopo il clamore suscitato dalla presentatrice britannica Kirstie Allsopp, che è famosa e sembra una persona divertente, per aver raccontato che suo figlio di quasi 16 anni aveva appena finito un giro in Europa di tre settimane in Interrail, con un amico che invece 16 anni li aveva già compiuti.
La notizia ha scandalizzato tutti quelli che vorrebbero avvolgere i figli in una pellicola protettiva. Qualcuno ha perfino denunciato Allsopp per “abbandono di minore” ai servizi sociali, che l’hanno cercata lasciandole dei messaggi nella segreteria. “Vorremmo parlare della denuncia a proposito di suo figlio. Cordiali saluti”, diceva uno di questi.
Allsopp ha richiamato arrabbiatissima i servizi sociali e si è infuriata ancora di più quando le hanno chiesto quali “precauzioni” avesse preso per proteggere il figlio mentre era in viaggio e perché le hanno detto che il fascicolo sarebbe rimasto aperta nel caso in cui “ci fosse stato un altro rinvio e avessimo bisogno di venire a casa sua per ulteriori indagini”. Davvero non c’è più speranza? Sono terrorizzato all’idea di quante denunce potrebbero piovermi addosso.
“Ho fatto l’Interrail con un amico quando avevo 15 anni”, ho detto mentre eravamo in cucina. “E guarda come sei diventato!”, ha risposto Carla. Allora ho raccontato la mia esperienza.
Tenda e fornellino a gas
Erano gli anni settanta e all’epoca un biglietto Interrail costava 27,5 sterline (33 euro). Oggi ne costa 522. Per comprarlo dovevi avere meno di 21 anni e per i minori di 18 serviva il consenso dei genitori. I miei erano divorziati. Mio padre non aveva obiezioni, ma mia madre mi aveva sequestrato il passaporto e l’aveva nascosto. Alla fine ero riuscito a ottenerne uno rivolgendomi all’official solicitor (una sorta di tutore). Con uno zaino pieno di attrezzature essenziali – tenda, sacco a pelo, fornellino a gas, torce e pastiglie per purificare l’acqua – sono partito con il mio amico Robin, che aveva 16 anni.
Vicino a La Rochelle, in Francia, per la prima volta ho baciato una ragazza. Si chiamava Clothilde e mi è sembrata la cosa più vicina al paradiso potessi sperimentare, ma quella smorfiosa preferiva il maître nageur (il bagnino). A Calp, in Spagna, sulla Costa Blanca, ho fumato quella che mia madre – che nel 1967 si era seduta con le gambe incrociate sotto le coperte con i Beatles e il Maharishi all’università di Bangor – chiamava “erba”. Sono rimasto in stato confusionale per ore, convinto di stare per morire. Su un treno affollato diretto a Granada, in un caldo asfissiante, ho perso il biglietto Interrail. Oggi, grazie alle banche online e ai telefoni, una chiamata a casa, per quanto umiliante, risolverebbe il problema (sempre che i tuoi genitori abbiano soldi, cosa che nel mio caso non era scontata). Ma all’epoca le cose erano diverse. Così mi sono nascosto nel portabagagli sopra le porte degli scompartimenti da sei, fino a quando non sono arrivato in Francia.
In Spagna me la sono cavata grazie alla complicità degli altri passeggeri, ma in Francia, vicino a Perpignan, mi hanno beccato subito e mi hanno fatto scendere dal treno. A quel punto ho solo potuto separarmi da Robin e fare l’autostop per tutto il paese fino al canale della Manica. Per fortuna avevo ancora il biglietto di ritorno del traghetto. Non ricordo di essermi sentito in pericolo. Ricordo solo quanto fosse facile trovare un passaggio, soprattutto sui camion, e quanto fossero sympathiques (simpatici) gli autisti. Condividevano con me il loro vino rosso e quello che avevano da mangiare. Mi hanno portato fino a Bruges, in Belgio, ad appena trenta chilometri da Ostenda, da dove partiva il traghetto.
Sentendomi ormai in salvo ho rischiato e nonostante fossi senza biglietto sono salito su un treno, ma purtroppo mi hanno scoperto e fermato, anche se per poche ore. A quel punto non avevo più soldi.
Gli agenti mi hanno spiegato che in Belgio non avere soldi era un reato. Quando sono andato al consolato britannico si sono rifiutati di aiutarmi, così ho dovuto fare l’autostop dalla stazione di Bruges a Ostenda. Molti sosterranno che la mia odissea adolescenziale dimostra perché un quindicenne non dovrebbe poter fare l’Interrail. Io però la vedo come una prova, un test come quelli per gli aspiranti soldati delle forze speciali.
I miei figli sono sembrati incuriositi dalla mia storia. Giovanni Maria, 12 anni, ci ha descritto un video che ha visto sul suo telefono in cui uno scozzese aveva tolto le maniglie interne della sua auto per intrappolare gli autostoppisti e ucciderli. La storia, ovviamente, non ha aiutato la causa delle mie figlie. Magdalena ha raccontato che un giorno, poiché il suo ragazzo aveva dimenticato l’abbonamento, sul pullman che prendono per frequentare la scuola di musica a Forlì, lo aveva nascosto sotto i cappotti con la chitarra di lui e la viola di lei. Questa sì che è mia figlia!
Carla, che dopo avermi conosciuto è diventata una cattolica devota, non ha dovuto nemmeno consultare l’immagine della Madonna appesa sul frigo prima di bocciare l’idea del viaggio in treno: “No, non se ne parla per tutti!”. Ho protestato dicendo che esistono viaggi molto più pericolosi dell’Interrail. Ma invano. ◆ as
Nicholas Farrell è un giornalista e scrittore britannico. Dal 1998 vive in Italia.
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Questo articolo è uscito sul numero 1583 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati