Haruki Murakami (Carlos Alvarez, Getty)

Cosa succederebbe se una città venisse completamente isolata dal resto del mondo? La città e le sue mura incerte, l’ultima opera di Haruki Murakami, parte da questo presupposto, già esplorato in un racconto giovanile omonimo e successivamente approfondito in La fine del mondo e il paese delle meraviglie, qui rielaborato attraverso l’esperienza della pandemia. E la pandemia in questo libro rappresenta una condizione interiore. La città e le sue mura incerte approfondisce temi già emersi nelle due opere precedenti dello scrittore. Tutte e tre sono strutturate su due piani: il mondo reale e uno parallelo all’interno delle mura, e sono legate da una serie di motivi tipici dell’immaginario di Murakami, tra biblioteche, pozzi, sogni e amnesie. Il libro continua inoltre l’esplorazione dell’ambiguità dei confini espressi dalla figura delle mura. La differenza fondamentale tra le tre opere riguarda il modo in cui i protagonisti si confrontano con i confini. Dentro le mura le emozioni sono percepite come delle “ombre” da scacciare: “Tristezza, dubbi, gelosia, ma anche sogni e amore, tutto ciò è come il seme di un’epidemia”. Le mura sono state erette per difendersi dai virus disseminati dall’animo umano. Da qui la domanda: è preferibile condurre una vita semplice in un mondo distopico, in cui il proprio cuore è sorvegliato dalle mura, o una vita imperfetta, afflitta dall’oscurità del cuore stesso? Nel racconto originale il protagonista si spinge oltre le mura, mentre in La fine del mondo e il paese delle meraviglie decide di rimanere al loro interno. In La città e le sue mura incerte, invece, il protagonista si scinde e la sua decisione resta ambigua e vacillante. Si delinea così lo scenario di una scelta paradossale: il protagonista resta ed esce allo stesso tempo. Ma chi è l’ombra e chi è l’originale? E quale delle due strade dovrebbe intraprendere l’umanità? Secondo il filosofo Alain de Botton, le epidemie sono la manifestazione di leggi immutabili dell’universo. Come esseri umani, non abbiamo un rimedio per sradicarle, ma allo stesso tempo non possiamo smettere di combatterle; non ci resta quindi che oscillare tra la speranza e la disperazione. Con questo ultimo libro, Murakami continua ad affrontare l’ambiguità di questo tema in un percorso che dura ormai da quarantatré anni.

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Questo articolo è uscito sul numero 1585 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati